La sorella di Simonetta: "L'impressione fu che Volponi ci volesse ostacolare"
Un comportamento anomalo. Il datore di lavoro di Simonetta era nervoso, agitato. Troppo, secondo la sorella della vittima. Non solo. L'impressione registrata quel martedì sette agosto di vent'anni fa era che Salvatore Volponi cercasse di ostacolare in qualche modo le ricerche della sua dipendente. «Mentre con il mio fidanzato andavamo in via Poma - ha detto Paola Cesaroni - Volponi mi è apparso molto nervoso. La sensazione che ho avuto è che mi aveva fatto perdere tempo nelle ricerche di Simonetta». Paola ricostruisce la giornata. «Non essendo arrivata a casa Simonetta - ha detto - provammo a chiamare Volponi al telefono, ma era sempre occupato. Con il mio fidanzato, Antonello Barone, decidemnmo di prendere il motorino e di andare da lui. Era vicino casa nostra. Volponi che rispose che non l'aveva sentita e che invece Simona avrebbe dovuto chiamarlo verso le 18-18,30 per un problema di lavoro. Un problema che evidentemenete aveva risolto». Dopo un secondo incontro con lo stesso Volponi, l'uomo spiega di non conoscer l'indirizzo degli uffici degli Alberghi della Gioventù. Ma Paola sa che si trova non lontano dalla fermata della metro «Lepanto». Paola, Antonello, Volponi e il figlio Luca vanno allora in via Maggi, dove Simona lavorava la mattina. Qui Volponi cerca di rintracciare il «collega» Bizzocchi che sa dov'è la sede dell'Aiag è in vacanza in Calabria, in campeggio. Prima che lo rintracci, Paola trova sulle pagine gialle l'indirizzo di via Poma. «Era molto più ansioso lui che noi. Era piuttosto teso e confuso. Non ricordava il nome di chi ci poteva aiutare a capire dove poteva essere Simonetta», ha detto di Volponi Antonello Barone. «Ho avuto la sensazione - ha ricordato Paola - che Volponi ci abbia fatto perdere del tempo nel tentativo di cercare il numero e l'indirizzo dell'ufficio dove lavorava mia sorella. Mi è sembrato francamente poco efficiente». Poi il fidanzato di Paola Cesaroni ha ripercorso i momenti del ritrovamento del cadavere. «Andammo nell'ufficio di via Maggi dove Simonetta lavorava, individuammo l'indirizzo dell'ufficio di Via Poma e andammo lì. Suonammo alla portineria ma nessuno rispose, fino a quando Luca Volponi scavalcò il cancello e la moglie del portiere ci indicò dov'era l'ufficio e aprì la porta». Antonello resta sul pianerottolo con il figlio di Vanacore, che aveva accompagnato la madre. Paola, intanto, vede «Volponi in fondo al corridoio della casa», che guarda dentro la stanza dove c'è il corpo senza vita della ragazza, si mette le mani tra i capelli e urla al figlio di tenerla, di non farla entrare.