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Acea, ultimo fortino del veltronismo

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La partita che si sta giocando attorno ad Acea ha poco a che fare con la governance della multiutility. La querelle a colpi di slogan «l'acqua è un bene pubblico e pubblica deve restare la sua gestione» è solo un paravento dietro al quale si nasconderebbe una partita più complessa. Una partita la cui posta in gioco è il radicamento del Pd sul territorio. E la giunta Veltroni le sue radici nell'Acea le ha messe ben in profondità. Con la privatizzazione verrebbe messa in discussione la struttura che la sinistra ha dato all'utility, ovvero la trasformazione di ogni servizio in società in modo che fosse più facilmente controllabile dalla giunta comunale che però con questa organizzazione poteva scaricare le responsabilità sulla dirigenza. Questo sistema è tutt'ora operativo e secondo quanto sostengono nel Pdl capitolino, i manager pur avendo cambiato casacca con l'arrivo di Alemanno, sono rimasti veltroniani nel dna. La privatizzazione con l'ingresso di nuovi soci, rimetterebbe in gioco tutto lo scacchiere. Ecco quindi le resistenze interne alla società e del Pd al progetto anche se è ben chiaro che il 30% della utility resterebbe in mano al Comune come socio guida. Il capogruppo Pdl in Comune Dario Rossin ventila anche l'ipotesi che a supporto della crociata del Pd contro il piano Alemanno ci sia la longa manus «di un gruppo editoriale con interessi economici nell'energia». Che sia De Benedetti? Per il Pdl più che una domanda è un sospetto.

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