Olimpiadi 2020, la sfida a Venezia parte dal Tevere

Il Tevere porterà consiglio. Non è una certezza, è una speranza. L'Amministrazione capitolina ha affidato al fiume e alle sue maltrattate sponde l'onere di convincere il Coni a scegliere Roma, invece che Venezia, come candidata a ospitare la fiaccola dei Giochi del 2020 in caso di vittoria italiana sulle altre grandi concorrenti. E allora l'idea del Campidoglio è di sfruttare il suo passato olimpionico, fatto di cittadelle dello sport e circoli, seguendo il tracciato tortuoso del fiume dallo stadio Olimpico fino a Tor di Quinto. Il Parco Olimpico, se Olimpiadi saranno, sorgerà su un'area comprendente il Foro Italico, l'Acqua Acetosa, forte dei suoi numerosi circoli sportivi, e Tor di Quinto, sulla sponda destra del fiume, un tratto che da troppo tempo attende di essere riqualificato sul piano della mobilità, ma soprattutto liberato da un'ingombrante e degradante presenza di campi nomadi e capannoni arrugginiti. La richiesta del Coni, e per esso del Comitato olimpico internazionale (Cio), del resto è chiara. Una città che vuole ospitare le Olimpiadi deve essere in grado di dare alloggio a circa 15mila persone tra atleti e giornalisti. Si fa presto a fare i conti. Basta studiare le opere realizzate a questo scopo dalle città che hanno ospitato negli ultimi anni i Giochi. Gli alloggi saranno realizzati su una superficie di circa 60 ettari - per un totale di circa 1 milione e 500mila metri cubi - di cui 20 a Tor di Quinto, nell'area demaniale occupata dall'ippodromo dei Lanceri di Montebello e che ospiterà il nuovo Villaggio olimpico. Mini-appartamenti che avranno bisogno di strade, collegamenti e grandi opere di urbanizzazione di cui quella parte di città ha un disperato bisogno. Prima tra tutte la chiusura dell'anello ferroviario, chimera della mobilità capitolina attesa dal 1993, quando s'iniziò a parlare di "Cura del ferro", a cui potrebbe seguire la realizzazione di un passante stradale per unire via dei Prati fiscali alla Flaminia e la riqualificazione della stazione di Tor di Quinto, dove fu uccisa la signora Reggiani. Riqualificazione, dunque. Un'occasione da non perdere, visto che nella Capitale, per fare qualcosa di buono, bisogna sempre aspettare i grandi eventi. "Italia '90" e il "Giubileo" insegnano. Meno, forse, insegnano i mondiali di nuoto appena celebrati, sport che ancora attende la realizzazione del suo tempio a Tor Vergata, a firma dell'architetto Calatrava. Un'opera che il sindaco Alemanno non vuole dimenticare. Così, ieri, a margine della presentazione del Comitato promotore della candidatura romana, al Tempio di Adriano, ha sottolineato e assicurato: «Recupereremo anche la struttura di Tor Vergata, dove però non sorgerà un Palanuoto, la cui gestione sarebbe troppo onerosa (5milioni di euro l'anno), ma un'opera polifunzionale con un palazzetto da 18mila posti. Saranno inoltre trovate le risorse per ultimare la Città dello sport, a prescindere dalla candidatura di Roma alle Olimpiadi 2020». Il cuore della futura città olimpica resta però il Tevere. L'idea è far leva sulla vicinanza dei siti, che permetterà ad atleti, giornalisti e curiosi di spostarsi da una struttura all'altra o dagli alloggi ai campi di gara nell'ordine di pochi minuti, anche a piedi o in bicicletta. Dall'Olimpico a Tor di Quinto sono solo 3 chilometri. Una scelta cronometrica, olimpionica, razionale come il disegno stesso del logo che sarà presentato al Coni per la candidatura: un quadrato rosso con sotto una bandiera tricolore, i numeri 2020 in giallo e due ellissi con i colori dei cerchi olimpici. Un disegno in puro stile razionalistico che non dimentica il Foro Italico e la sua storia sportiva. Un disegno ordinato che vuole forse fugare ogni dubbio sull'impresa più importante da compiere: la riqualificazione di un'area complessa sia dal punto di vista paesistico che archeologico. Un motivo in più per renderla fruibile agli occhi del mondo. «Una sfida - ha concluso il sindaco - che si può vincere con la concordia e il coinvolgimento di tutte le istituzioni», ministero dei Beni culturali in primis. Una speranza. Non ancora una certezza.