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Parte lo sgombero del Casilino 900

Lo sgombero nel quartiere Casilino 900

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Dopo decenni di storia il campo nomadi Casilino 900, fra i più grandi d'Europa, è avviato alla chiusura. Ieri, un primo nucleo di 50 bosniaci, è stato trasferito nel campo di via di Salone, lontano quindi dal mare di melma che è l'insediamento abusivo fra viale Palmiro Togliatti e via Casilina. L'operazione ha visto impegnati gli uomini della Municipale, a cominciare dall'VIII Gruppo, coordinati dal comandante Di Maggio, poi carabinieri, polizia e la Croce Rossa Italiana sotto la guida del commissario provinciale di Roma, Marco Squicciarini. Presenti anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, l'assessore comunale alle Politiche sociali, Sveva Belviso e l'assessore alla Scuola, Laura Marsilio. Inizio dell'operazione alle 7,30, pullman e ambulanze pronte sul piazzale d'ingresso. Alla fine saranno solo otto famiglie bosniache a trasferirsi (seguiranno altre) non le kosovare e le macedoni, per non smembrare le etnie. «Stiamo riuscendo ad avviare un percorso condiviso che sembrava impossibile» ha detto il sindaco Gianni Alemanno, durante il suo giro fra viali fangosi resi viscidi dall'acqua in perenne uscita da fontane rotte, rifiuti a ogni angolo e baracche cadenti. Dopo il riconoscimento, le famiglie della parte alta del campo, i bosniaci, caricavano i camioncini con i loro averi: ogni baracca vuotata veniva demolita. «Questo campo esiste da 40 anni durante i quali non è stato fatto niente - ha aggiunto Alemanno - Lo sgombero terminerà all'inizio di febbraio, quando porteremo le famiglie in campi attrezzati dove inizieranno un percorso di legalità e inserimento lavorativo. Per il Casilino 900 siamo ad un passaggio epocale». «Occorre cancellare le vergogne come i campi senza acqua, luce, pieni di rifiuti come era questo un anno e mezzo fa - ha proseguito il sindaco - Fornire loro un documento, il Dast, che riconosce identità e diritti. Lavorare con queste famiglie per trovare spazi di lavoro. Entro quest'anno non devono esistere più campi abusivi e tollerati. Tutti poi dovranno essere integrati e avere una casa».

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