"Canoni troppo alti per restare aperti"
Se chiedi a un commerciante romano qual è il suo problema più grande, nove volte su dieci risponderà il «caro affitti», più della crisi, del calo dei consumi, delle tasse da pagare. Il canone di locazione preoccupa e fa chiudere. Succede ogni giorno e per un negoziante che ama questo mestiere e che spesso viene da una famiglia di commercianti è una vera e propria delusione. Così la pensa Alberto Manni, titolare fino ad un paio di anni fa di tre punti vendita a Roma, un negozio di abbigliamento al dettaglio in zona Marconi, uno all'interno di un centro commerciale e l'ultimo, ceduto poco tempo fa proprio per «colpa» dell'affitto troppo alto, in un altro centro commerciale. Manni non è un «novellino», sa bene che i tempi sono cambiati e che con il passaggio dalle lire all'euro, quello che una volta era un affitto da 4 milioni di lire al mese è diventato di 4 mila euro. «Ma non si tiene conto che la gente non compra più come una volta – spiega – che tutto è aumentato e che noi commercianti non possiamo certo far pagare in proporzione quello che vendiamo». Il risultato è che mentre il negozio «storico» di viale Marconi resiste, i due più giovani sono in sofferenza: l'ultimo Manni l'ha ceduto perché non ce la faceva a sopportare i costi. «Ho firmato un contratto nel 2006 con il centro commerciale – racconta – quando ancora c'erano i lavori e il negozio non esisteva. Ho aperto nel 2008, ma nel frattempo la situazione del commercio a Roma è totalmente cambiata e c'è stata la crisi di mezzo. Mi sono reso conto in poco tempo che tra spese di gestione varie e di affitto non sarei andato avanti a lungo. Cosa avrei dovuto fare? Ormai il contratto lo avevo firmato e ho tentato». È durato poco però, perché Manni non è riuscito a sostenere la spesa fissa di più di 10 mila euro al mese per un negozio di 150 mq, magazzino compreso. «Ho provato a chiedere alla proprietà una riduzione temporanea del canone di locazione – incalza il commerciante – ma la risposta è stata negativa e dopo 6 mesi ho chiuso». Manni teme il peggio anche per le altre sue due attività. «Di questo passo se qualcuno non si decide a mettere mano al problema degli affitti non ci sarà più spazio per i privati». La paura di dover tirare i remi in barca e dichiarare il proprio fallimento in qualche caso fa perfino preferire di restare nell'anonimato. Massimo, un altro negoziante con il problema del caro affitti e un'attività in bilico, chiede subito di tenere riservato il suo cognome perché, spiega, è in trattativa con il proprietario del negozio che gestisce per il rinnovo del canone di locazione e teme di essere riconosciuto. «Potrebbe andare tutto a monte se legge questa mia testimonianza – dice – sono mesi che siamo in trattativa perché già oggi non ce la faccio a portare avanti il negozio e lui mi ha chiesto 500 euro in più al mese in sede di rinnovo contrattuale». Un aumento che Massimo non può permettersi. «In un anno ho avuto un calo di circa il 25% delle vendite. Oggi pago un affitto mensile di 4.500 euro per un'attività che non si trova neanche in una zona commercialmente appetibile. Se il proprietario insisterà sull'aumento dovrò chiudere proprio come è accaduto qualche anno fa a mia madre». La madre di Massimo è «caduta» nella bolla immobiliare del 2003 che ha di fatto raddoppiato, se non triplicato i canoni di locazione delle attività commerciali in pochissimo tempo. Non ce l'ha fatta a sopportare la differenza di costo mensile, che in sede di rinnovo le è stata proposta dal proprietario e che avrebbe comportato l'aumento del canone da 7 mila a 13 mila euro. Così ha chiuso dopo più di 20 anni di attività. Dam. Ver.