segue dalla prima Dario Martini Secondo gli ultimi dati forniti dall'Ania i morti causati dagli incidenti nel territorio del Comune di Roma sono stati 190 in un anno.
Macome si arriva a questo dato? La risposta la dà il Dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario regionale. Il professor Francesco Forastiere del Dipartimento dell'Asl RmE, il quale si occupa di analizzare ogni anno l'inquinamento atmosferico sulla Capitale e i rischi per la salute dei cittadini, in un recente studio promosso dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie del ministero della Salute spiega che «gli effetti più gravi sono proprio quelli che si manifestano con l'aumento delle morti». «Le sole Pm10 - spiega - causano un aumento del rischio di morte in media dello 0,69% per ogni incremento di concentrazione nell'aria di 10 microgrammi per metro cubo (mg/m3). Vuole dire che per ogni 10 mg/m3 in più di Pm10 nell'aria dove ci sarebbero normalmente 1.000 decessi se ne registrano 7 in più. Applicando questi conti a Roma dove muoiono in media 20.000 persone all'anno per cause naturali e dove la concentrazione media annuale di Pm10 nell'aria supera di 20 mg/m3 (il limite indicato dall'Organizzazione mondiale della Sanità, ndr), si ottiene che in un anno sono almeno 280 le morti riconducibili allo sforamento della soglia». E a complicare la situazione spesso ci si mette il tempo. Periodi prolungati di pressione atmosferica bassa, infatti, possono avere l'effetto di favorire l'accumulo degli agenti inquinanti. Le condizioni meteo dell'ultimo autunno non hanno di certo favorito un abbassamento degli agenti inquinanti. L'ultimo studio dettagliato del Dipartimento epidemiologico ha confrontato e analizzato i dati relativi al quinquennio 2001-2005. Ma come spiega Forastiere «da allora non hanno subito significativi miglioramenti e ancora oggi sono sugli stessi livelli». Sono due infatti i parametri che si prendono in considerazione per stabilire la soglia di rischio. Il primo analizza quanti giorni in un anno le polveri sottili superano la soglia di 50mg/m3. Se lo sforamento avviene più di 35 volte (come è avvenuto a Roma nel 2009) allora i pericoli per la salute sono reali. L'altro parametro invece prende in considerazione la media annuale di concentrazione di Pm10: deve restare al di sotto di 40mg/m3. Nella Capitale questo paramentro, fortunatamente, è rispettato (è leggermente al di sotto della soglia). «Il paradosso, però, è che questo limite fissato dalla normativa europea è in netto contrasto con quanto ha stabilito l'Organizzazione mondiale della sanità secondo cui dovrebbe essere addirittura della metà: 20mg/m3», spiega Forastiere. I problemi però non derivano solo dalle polveri sottili, ma anche dai livelli di biossido d'azoto (NO2) e dall'ozono (O3) che secondo il Dipartimento epidemiologico sono «molto preoccupanti». Il biossido d'azoto è un indicatore dell'inquinamento dovuto al traffico e si è attestato molto spesso oltre i valori limite. La conseguenza principale si traduce in problemi respiratori. L'ozono, invece, ha fatto registrare aumenti dell'1,54%, 2,29%, 1,22% e 2,78% rispettivamente delle morti per cause naturali, cardiovascolari, cerebrovascolari e respiratorie. Le polveri sottili invece «si riflettono sull'incremento dei ricoveri per malattie cardiache, soprattutto scompensi cardiaci (+1,10% per ogni aumento di 10 mg/m3)». Tutti e tre gli inquinanti causano un picco di ricoveri per le malattie respiratorie, ma soprattutto c'è una connessione stretta tra l'aumento dell'NO2 e i ricoveri per asma. Il biossido d'azoto ha i suoi effetti soprattutto sui bambini asmatici: «Tra 2 e 5 giorni dall'aumento di concentrazione dell'inquinante c'è un incremento dei ricoveri dell'8,8%» spiega Forastiere.