Abusi su 2 bimbi, a processo
Per sette anni sono stati violentati e presi a calci e pugni. Due fratelli, oggi di 16 e 19 anni, dal 2001 al 2008 sono stati costretti a continui maltrattamenti dal compagno della madre. Abusi che i due ragazzi non hanno denunciato per paura di ritorsione dell'uomo. Sevizie che sono state interrotte grazie all'intervento della maestra del ragazzino, che ha denunciato il patrigno che è stato rinviato a giudizio dal gup per maltrattamenti e atti sessuali su minorenni, come richiesto dal pubblico ministero Francesco Scavo: l'imputato, arrestato nove mesi fa, si dovrà sedere sul banco degli imputati il prossimo 2 marzo davanti ai giudici della quarta sezione del Tribunale. Secondo quanto accertato dal sostituto procuratore, i due ragazzini sono stati costretti a sopportare quotidianamete punizioni, come ad esempio rimanere per ore chiusi in bagno o in altre stanze di casa oppure restare senza cibo per diverso tempo. L'uomo, infatti, determinava il loro regime alimentare sulla base del controllo quantitativo delle loro feci. Non solo. D.B., di 57 anni, avrebbe fatto leccare la sua urina al ragazzino minacciandolo di picchiarlo se si fosse rifiutato. Nel luglio del 2006 e nell'aprile del 2008 avrebbe poi sottoposto la ragazza ad abusi sessuali, facendola bere alcolici in maniera da eliminare ogni resistenza e approfittando anche delle occasioni in cui la compagna, di origine romena, si assentava da casa per motivi di lavoro. Gli abusi sessuali sono terminati non per scelta dell'uomo, ma a causa del decadimento psicofisico della ragazza, che con il tempo era diventata magrissima a causa dell'anoressia in cui era caduta per questo stato di disagio provocato dagli abusi e quindi meno «appetibile» per il suo aguzzino. L'inchiesta è iniziata in seguito alla denuncia presentata un anno fa dal dirigente scolastico della scuola media del ragazzino, su segnalazione della maestra. Il magistrato, dopo aver ascoltato, in presenza di uno psicologo, le dichiarazioni dei due fratelli, all'epoca entrambi minornenni, si è convinto che i loro racconti erano «coerenti» e «credibili». Per gli inquirenti, dunque, l'uomo aveva tenuto per molti anni una condotta «sistematica, abituale e denota un'indole violenta e prevaricatrice». Da qui la richiesta del pubblico ministero al gip di arrestare l'imputato lo scorso marzo. Richiesta subito accolta.