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Era nel fiume l'arma che ha ucciso Stefano

I carabinieri sul luogo dove è stato abbandonato il corpo

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È spuntata fuori dalle acque dell'Aniene la pistola che ha sparato il colpo mortale costato la vita a Stefano Onofri, ma non ancora il nome di chi l'ha fornita ai suoi assassini. Su questo punto interrogativo si è arrovellata ieri la lunghissima udienza di convalida, tenuta dal gip del Tribunale di Tivoli direttamente nel carcere di Rebibbia, dove sono rinchiusi il fidanzato geloso dell'ex ragazza di Onofri, il diciottenne Nicolas Iori, e uno dei suoi due amici-complici: Michele Sisti. Entrambi raggiunti per l'occasione anche dal terzo diciottenne, Gianluca Di Nardo, al quale già da l'altro ieri erano stati concessi gli arresti domiciliari. I loro interrogatori si sono svolti proprio mentre a Castel Madama i carabinieri della Compagnia di Tivoli, con l'ausilio dell'unità cinofila e del nucleo subacquei del comando provinciale dell'Arma, hanno iniziato a scandagliare le zone vicine alla frazione «Uccetta», l'area agricola a confine con Tivoli dov'è ubicato l'orto di Iori che ha fatto da sfondo alla feroce esecuzione nella notte tra sabato e domenica scorsi. E la pistola era proprio lì, nel punto esatto più volte indicato nel corso dei lunghi interrogatori dai tre diciottenni. Piccola, come la mano di chi l'ha impugnata. Tascabile, adatta quindi all'abbisogna di un incontro chiarificatore per una disputa d'amore partito con le peggiori premesse e finito peggio. È una pistola calibro 6 e 35, sprofondata nelle acque dell'Aniene come per lavare l'onta dell'affronto e la macchia del delitto di quella folle notte. Era sotto l'antico Ponte della Mola, fra Castel Madama e San Gregorio da Sassola. Si erano spinti fin lì i tre amici quella notte nel girovagare inquieto dopo i colpi assestati prima con la mazza da baseball e poi con la pistola. Uno sparo alla nuca ritenuto subito fatale dai tre, che non hanno perso tempo a spostare per una cinquantina di metri il corpo ancora vivo, invece, di Stefano Onofri, occultato sotto un telo e soccorso troppo tardi, quando la confessione di Nicolas al padre ha fatto scattare l'allarme. Ieri, sotto i nastri del sequestro giudiziario che cingono l'orto e la baracca di lamiera c'è chi ha messo dei fiori e una stella di Natale. La commozione, del resto, è ancora viva nella comunità sconvolta di Castel Madama che, dopo la lunghissima fiaccolata silenziosa di lunedì sera, ieri ha seguito con partecipazione anche le lunghe fasi del dragaggio del fiume Aniene e della ricerca tra la folta vegetazione sotto il ponte della Mola. Gli uomini del capitano Luca Palmieri stanno ora facendo gli accertamenti sul numero di matricola dell'arma rinvenuta, dopo aver recuperato un solo bossolo dello stesso tipo di pistola. Mentre i colleghi del Ris, invece, dopo aver analizzato ciò che resta sulla mazza da baseball, hanno avviato la valutazione degli esiti dei test stub, eseguiti sulle mani dei tre arrestati per rintracciare i residui di polvere da sparo e sapere con certezza chi ha usato quella 6 e 35 restituita ieri dal fiume Aniene.

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