Il trans China in cella
China, il trans amico di Brenda, è finito in cella. Già colpito da un decreto di espulsione il 20 novembre, il brasiliano è stato fermato ieri dagli agenti del commissariato Flaminio Nuovo e accompagnato in Questura per il controllo della sua identità. Constatato che non aveva lasciato il territorio nazionale entro il 25, sono scattate le manette. Dopo una notte a San Vitale, oggi China verrà processato per direttissima. Ma c'è la possibilità che il suo legale invochi una sospensione della misura di allontanamento in attesa della verifica di costituzionalità del reato di clandestinità da parte della Consulta. Intanto ieri si sono avuti i primi risultati degli esami tossicologici effettuati sul corpo del transessuale Brenda, morto lo scorso 20 novembre nella sua casa di via Gradoli: Brenda era ubriaca, ma non era drogata ed è morta per aver respirato ossido di carbonio per alcuni minuti. La madre poi, intervenuta ieri sera alla trasmissione «Porta a Porta» ha ribadito che suo figlio non si è tolto la vita. «È cresciuto in una famiglia evangelica - ha proseguito Aseneta Mendes Paes - e da sempre aveva la convinzione che un giorno avrebbe chiesto perdono per quello che ha fatto. Era allegro, voleva vivere e amava la vita: non so cosa sia successo, ma voglio che la giustizia lo scopra». La donna ha aggiunto che il figlio le disse «che a dicembre sarebbe tornato in Brasile. Voleva tornare dalla sua famiglia e vedere la sua nipotina per la prima volta. Lui è andato via dal Brasile a 20 anni e da sei anni viveva a Roma». La madre di Brenda sapeva che il figlio era un trans «e che viveva di questo. Gli ho chiesto più volte di cambiare vita e di tornare in Brasile a costruirsi un futuro», ha spiegato. I legali che rappresentano la famiglia del trans, infine, hanno chiesto che «il Comune si occupi delle spese per il rimpatrio della salma: un gesto simbolico da parte di Roma, città di cui Brenda era cittadino».