San Marcello Trionfo barocco in via del Corso
È tra le chiese più antiche di Roma, ma anche tra le più interessanti per la sovrapposizione di stilemi e di linguaggi che si sono aggiunti nel tempo e per essere stata punto di incontro di più generazioni di artisti: la Chiesa di San Marcello al Corso si affaccia imponente in tutta la sua forza espressiva sulla piazza omonima. Fu costruita agli inizi del IV secolo d.C. sul luogo dove, stando alla tradizione narrata, si celava il "Catabulum" - ovvero la stazione di vetture per i pubblici servizi- e dove, sempre secondo le fonti pervenute, il Pontefice Marcello fu condannato a lavorare come addetto alle mansioni più umili, incontrando la morte nel 309 d.C., dopo anni di sofferenze. L'edificio cristiano, semidistrutto da un incendio sviluppatosi all'inizio del Cinquecento, fu ricostruito da Jacopo Sansovino. Ed è proprio questo il primo intervento fondamentale che mette mano all'impianto planimetrico, reimpostando l'asse instaurato tra l'ingresso e l'altare. L'architetto, infatti, invertì l'orientamento, riducendo ad area absidale l'antica porta di accesso. Splendida la facciata nel suo alternarsi di forme convesse e plastiche che riprendono il gusto Barocco, tanto di moda negli ammodernamenti urbani e architettonici della "Città Eterna" a partire dalla fine del Cinquecento. Il prospetto arricchito da sei statue di Francesco Cavallini e da un bassorilievo firmato da Antonio Riggi, è opera di Carlo Fontana; che, impegnato in più fabbriche religiose, completa l'edificio nel 1680 dando un nuovo impulso alla Chiesa gia fortemente definita da personalità eccellenti. L'interno, riprendendo i dettami della Controriforma, è ad una sola navata, con un soffitto ligneo scultoreo cinquecentesco. Di grande pregio all'entrata l'affresco di B. Ricci eseguito nel 1513 raffigurante la crocifissione di Cristo. La planimetria presenta cinque cappelle speculari per ciascun lato, tra le quali particolarmente interessanti è quella dedicata a San Paolo recante i dipinti di Federico e Taddeo Zuccai, e quella del Crocifisso in cui è rimasta intatta la scultura lignea della seconda meta del Quattrocento, scampata al devastante incendio. La leggenda vuole, a tale riguardo, che l'autore, del tutto anonimo, colto dal desiderio di rappresentare in termini crudi e reali l'agonia del cristo morente, non avrebbe esitato ad assassinare un povero viandante per ritrarlo, pur essendo macabra come sperimentazione artistica, gli spasmi che lo condussero alla morte, al fine di ottenere, così, un risultato iper-realistico. A sinistra della parete d'ingresso, Sansovino, nel rappresentare la tomba del cardinale Giovanni Michel, progetta un monumento che è l'uno la sovrapposizione dell'altro. Il mausoleo del cardinale, infatti, sovrasta quella del proprio nipote, il vescovo Antonio Orso, la cui statua giace distesa su una catasta di libri. Un gesto simbolico per ricordare la donazione di settecentotrenta codici da lui voluta alla biblioteca del convento di San Marcello.