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Più di 2.500 romani nei "paradisi"

Soldi

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Gli italiani che «vivono» in un paradiso fiscale in Italia sono 29.158. Uno su dieci viene dal Lazio. Solo la provincia di Roma conta 2.545 evasori residenti in Paesi a fiscalità privilegiata. In pratica con un livello di tassazione basso o addirittura pari a zero. Nella lista al vaglio dell'Agenzia delle Entrate regionale compaiono almeno una sessantina di «vip». Personaggi famosi del mondo televisivo e del grande schermo, musicisti, sportivi e noti professionisti. Ad esempio, due grandi evasori apparterrebbero al mondo della musica e dei motori. Gli importi dovuti all'erario, in questi casi, raggiungono anche decine di milioni di euro. Le imposte dovute dai primi quindici della lista, se si prendono in considerazione i casi più illustri del passato (Biaggi e Rossi) e si fa una media ponderata, consentirebbero di superare facilmente i cento milioni di euro. Il direttore regionale dell'Agenzia delle Entrate Eduardo Ursilli ha spiegato che negli ultimi anni i controlli si sono intensificati: «I paradisi fiscali hanno sempre più vita breve». Oggi con lo scudo fiscale i cittadini che hanno una residenza all'estero ma in realtà con interessi economici in Italia hanno tempo fino al 15 dicembre per «sanare» la propria posizione. La meta preferita per l'espatrio dei capitali è il Principato di Monaco (517 residenti). Secondo viene l'Uruguay (312). A ruota Bahamas, Hong Kong, Antille Olandesi, Isole Cayman, Seychelles e Panama. Il controllo incrociato delle informazioni fornite dalla banca dati integrata dell'Agenzia dell'Entrate e dall'Anagrafe degli italiani residenti all'estero hanno permesso di accertare le posizioni dei romani che hanno come centro di interesse economico e familiare l'Italia e non il Paese in cui hanno preso la residenza. Sempre più spesso l'Agenzia delle Entrate si avvale della collaborazione dei Comuni che forniscono informazioni importanti per stabilire la reale residenza dei presunti evasori. Le metodologie di controllo dell'Agenzia sono moltissime. Ci sono le ricostruzioni bancarie degli investimenti sul territorio statale, l'esame dei movimenti delle carte di credito, i controlli sui versamenti previdenziali e assitenziali, il pagamento di canoni immobiliari. Ma ci sono verifiche ancora più banali. Ad esempio basta chiedere ai vigili urbani se hanno elevato multe nei confronti delle persone controllate. O appurare se il soggetto in questione abbia o meno alle proprie dipendenze una colf o badante. Oppure si può verificare se l'evasore si fa curare da un medico di base in Italia. Le scoperte a volte sono sorprendenti. Tipo la prima casa all'estero dieci volte più piccola di quella di cui si dispone a Roma. Oltre ai «vip», ad ingrossare la lista nelle mani dell'Agenzia sono soprattutto i piccoli e medi imprenditori. Quelli che hanno 30-40 dipendenti. Per i titolari di queste aziende, più piccole e con meno vincoli, è più facile dirottare all'estero i proventi delle loro imprese. A differenza dei lavoratori dipendenti che finiscono per versare sempre fino all'ultimo centesimo di quanto dovuto.

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