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Influenza A, scuole sempre più deserte

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A scuola aumentano le assenze. L'influenza A guadagna terreno attaccando i più giovani, «il serbatoio del virus H1n1», spiega il prof. Alberto Giovanni Ugazio, direttore del dipartimento di Medicina pediatrica dell'ospedale Bambino Gesù. Il ritmo di propagazione è «impressionante soprattutto fra i più piccoli - conferma Pierluigi Bartoletti, presidente regionale Fimmg, la Federazione dei medici di famiglia. La più colpita è la fascia di età 4-14, «con tassi del 14 per mille a Roma e punte del 28 per mille nel territorio della Asl RmE (a Roma nord, ndr) ma i dati sono sottostimati» spiega Bartoletti. E questo perché i ragazzi si contagiano l'un l'altro vivendo in comunità, la prima è proprio la scuola, dice Ugazio. E quando tornano a casa «contagiano» i nonni che vivono con loro, i «più a rischio di complicanze», soprattutto se cardiopatici e con malattie respiratorie croniche, magari anche associate all'obesità, «che a causa di questo potrebbero non superare la malattia». Ecco perché è importante vaccinare i più giovani, anche se non è «etico vaccinare alcune categorie solo per proteggerne altre» sottolinea Ugazio. Ma gli esperimenti del passato confermano che è stato utile. Negli anni Settanta, in Giappone, vaccinarono i giovani e la mortalità «diminuì drasticamente tra gli anziani» ricorda il prof. Ugazio, che sforna un dato, che definisce «delittuoso»: solo il 15% dei bambini con malattie croniche viene vaccinato. Ma il Bambino Gesù si prepara a immunizzare 15 mila piccoli, dalla prossima settimana. Tanti, l'8 per mille, anche i bambini a letto con febbre alta e tosse in età prescolare (0-4). Mentre fra gli adulti «siamo al 6 per mille - continua Bartoletti - e si parla dell'1,5 per mille tra gli anziani». Ma la soglia epidemica «è stata superata per tutti». Siamo «in piena epidemia», e l'influenza A, da ora in poi, sarà «inarrestabile», anche se il picco «non è stato ancora toccato» spiega Bartoletti, che ricorda che il picco registrato l'anno, ma per la l'influenza stagionale, si era fermato al 15 per mille e invece per l'influenza A l'abbiamo già ampliamente superato anche se il peggio deve ancora venire. Quantificare i numeri esatti però è impossibile. E non solo perché il tampone ormai non è più obbligatorio. Allo Spallanzani «in tre giorni sono stati registrati due casi gravi, entrambi ricoverati in terapia intensiva» dice il prof. Francesco Nicola Lauria, direttore del reparto di Malattie infettive dell'aparato respiratorio. Al Bambino Gesù, dove ieri mattina è partita la campagna di vaccinazione contro l'influenza A, non si è più registrato l'apice dei 60 casi tra giugno e luglio, quando sbarcavano persone ammalate dagli aerei di ritorno dal Messico. I pronto soccorso però sono assediati. «Ed è sbagliato» per Ugazio che definisce «inutile e anche dannosa la corsa in ospedale» perché se un bambino non è affetto da influenza A, può contrarre il virus. Anche portarlo subito dal pediatra non è la cosa migliore. «È preferibile telefonare al medico e farsi consigliare un antipiretico, se ha la febbre» dice. E riservare la visita «solo se la tosse si aggrava e il respiro diviene affannoso»

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