«Circoli privati, smascherate i furbi»
Autodi grossa cilindrata parcheggiate dove capita, e stangone bionde accompagnate da ragazzotti griffati che strombazzano col clacson svegliando i residenti nel cuore della notte. La protesta contro i circoli privati, «spesso culturali solo di nome ma non di fatto» per la presidente del comitato Vivere Trastevere Dina Nascetti, «scorciatoia» per eludere le regole sull'apertura di bar e locali notturni, é arrivata anche in una stradina defilata come via della Collina Volpi, una viuzza ad uso residenziale, alle spalle della chiesa Regina Pacis, in zona San Paolo, dove convivono due generazioni di romani, «i padri che sono venuti qui 50 anni fa, e i figli» racconta il vicepresidente del comitato di quartiere San Paolo, Armando Miniati. Segno che il magone è venuto anche a chi vive a ridosso delle zone calde della movida romana. Al centro della protesta, in via della Collina Volpi, c'è il circolo culturale russo, che avrebbe tolto la pace ai residenti. Con i «parcheggi a casaccio» dei soci del circolo, che creano intralcio, e i rumori: «schiamazzi e clacson suonati anche prima dell'alba» come confermano le denunce al commissariato Colombo, alla stazione dei carabinieri San Paolo e ai vigili dell'XI Gruppo. Ma il tam tam delle lamentele investe molte zone di Roma, una città che contava 1.379 circoli culturali (al 31 dicembre 2008), concentrati soprattutto in I Municipio (159) e in IX (101). Per la presidente dell'Associazione Abitanti centro storico quella dei circoli culturali «deve essere una materia approfondita e regolata per evitare che possano continuare a esercitare attività di concorrenza, peraltro anche sleale nei confronti di chi rispetta le regole». Non è solo una questione di controlli, chiesti a gran voce già dal giorno dopo le linee guida del regolamento approvato in Giunta mercoledì per la disciplina delle attività commerciali di somministrazione di alimenti e bevande. Il presidente del comitato Ostiense Andrea Mocciaro insiste perché il quartiere sia «inserito nelle zone a maggior tutela». Mentre il presidente di Assobar Alberto Pica è stato il primo ad aver ipotizzato un incremento del «ricorso alle scorciatoie» per aggirare l'obbligo di realizzare i punti qualità richiesti per l'apertura di nuovi esercizi commerciali».