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Piazza Venezia: Scippi e vù cumprà

Turisti ai fori imperiali

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Scippi, borseggi e venditori abusivi continuano a farla da padroni a piazza Venezia e dintorni. Il Tempo ha denunciato più volte, in passato, la "difficile" situazione in cui versa l'area che circonda il Campidoglio. E continuerà a farlo finché qualcuno non si deciderà ad intervenire per rendere la vita di residenti e turisti più facile. Questo quotidiano ha denunciato la sporcizia, le guide abusive, la questua petulante, la costante presenza dei vu' cumprà e delle giovani zingare "dalla mano di velluto" che battono quotidianamente l'area in cerca di vittime a cui sfilare il portamonete. Tra i cespugli della salita di via San Pietro in Carcere, dietro al Campidoglio, abbiamo trovato portafogli gettati via dopo essere stati spolpati del loro prezioso contenuto. E ancora latrine a cielo aperto e dormitori accanto alla scalinata di Michelangelo. Ieri, su segnalazione dei residenti del Foro di Traiano, siamo tornati sul palco che separa via dei Fori Imperiali dalla Colonna Traiana, a pochi passi dagli uffici della Prefettura. E abbiamo atteso sulle panchine baciate da un tiepido sole d'ottobre che facessero la loro puntuale comparsa vu' cumprà e zingarelle. Alle 11 e mezza sono arrivati. Quello che vende gli occhiali, quello che vende gli scialli, quello che vende giocattoli. Poi sono arrivate le nomadi. In coppia, come da copione. Una con in braccio un bambino di pochi mesi, l'altra più giovane, molto probabilmente minorenne. Sono scese dalle scale di via Magnanapoli e si sono appostate dietro la Colonna Traiana. Un ottimo posto per tendere agguati. Quattro vie di fuga. Una verso piazza Venezia, un'altra verso via Magnanapoli e su verso via Nazionale, un'altra ancora in via di Sant'Eufemia, alle spalle della Chiesa del Santissimo Nome di Maria, e una quarta in via del Foro Traiano. Poi sono arrivate le prede. Quattro turisti dagli occhi a mandorla, tre donne e un uomo di corporatura robusta e dai lunghi capelli neri. Il gruppo si è fermato a pochi metri dalle nomadi nella stretta stradina che collega piazza Venezia al Foro Traiano. Guardavano incantati la sommità della Colonna. Le nomadi si sono avvicinate per chiedere l'elemosina, con insistenza. Il gruppo ha tentato inutilmente di allontanarle. L'insistenza è diventata contatto fisico. La zingara con il pargolo in braccio ha sfilato il portafogli dalla tasca posteriore dei pantaloni dell'uomo, lo ha aperto, ha tirato fuori i soldi e lo ha rimesso al suo posto. È riuscita a farlo nel tempo di un battito di ciglia con una mano sola. Con la sinistra teneva il bimbo in fasce. Ma qualcosa è andato storto. L'uomo si è tastato la tasca destra. Ha tirato fuori il portafogli, lo ha aperto per verificare che il contenuto fosse al suo posto e ha inveito nella sua lingua verso le due che si erano già voltate per tagliare la corda. Ma Gengis Khan (chiamiamolo così) non si è dato per vinto. Ha iniziato a gridare «mi-dinero, mi-dinero», «policcia, policcia». Voleva dire polizia. Stupefatto forse del fatto che le due non scappassero a gambe levate, l'uomo ha tentennato e si è guardato intorno per vedere se qualche agente di polizia stesse correndo in suo aiuto. Macché! Così le ha raggiunte sbraitando in "spagno-inglese" «ghimmi dinero!», che in romanesco si traduce «aridamme li sordi». Solo allora le nomadi, spaventate dalla chioma fulva di Gengis Khan che si dimenava al sole, hanno mollato l'osso. E Gengis, biascicando qualcosa sull'Italia, è tornato in possesso delle sue banconote. Ora uno penserebbe che le ladre, sorprese con le mani in tasca, si siano date alla fuga. Manco per niente. Hanno atteso 5 minuti dietro l'angolo e sono tornate ad appostarsi.

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