Niente ospedale alla Bufalotta Raddoppio di Pertini e Grassi
La Bufalotta non avrà l'ospedale. La Regione ha deciso di non realizzare nuove strutture ma di valorizzare quelle esistenti. Ovvero raddoppio del Pertini e nuovo ospedale di Monterotondo (quadrante nord-est), raddoppio del Grassi (litorale) e ospedale dei Castelli (già appaltato, prevede 400 posti letto e dovrà sostituire i nosocomi di Albano, Genzano e Ariccia che diverranno presidi territoriali). A illustrare le nuove strategie della sanità laziale è il vicepresidente della Regione, Esterino Montino: «La scelta è quella di non costruire altri ospedali ma di rinforzare quelli più grandi. Per questo puntiamo su due grandi scelte a Roma: il raddoppio del Pertini a est e quello del Grassi sul mare». In pratica «meno ospedali con posti letto per acuti e un numero maggiore di piccole strutture assistenziali diffuse sul territorio». Il vecchio piano sanitario, infatti, prevedeva di costruire un nuovo ospedale alla Bufalotta, quartiere che negli ultimi anni sta vivendo una veloce urbanizzazione. I residenti in quest'area della periferia romana dovranno fare affidamento sul nosocomio in via dei Monti Tiburtini. «I 320 posti letto del Pertini diverranno circa 500», spiega Montino. Per il «raddoppio» si stima che saranno necessari tra i 40 e i 50 milioni di euro. «Un Pertini più grande si inserisce in un quadro di insieme che in quell'area prevede la realizzazione di importanti opere infrastrutturali, come il prolungamento della Togliatti e il nuovo ponte sull'Aniene». Mentre l'attuale ospedale di Monterotondo nel centro cittadino sarà chiuso. L'intenzione è di aprirne un altro più grande (spesa tra i 60 e i 70 milioni) da circa 300 posti letto. «Potrà accogliere i pazienti della Sabina e quelli che abitano a Roma oltre il Raccordo», aggiunge Montino. Perché le intenzioni diventino fatti il nuovo piano sanitario regionale dovrà essere illustrato in aula, divenire decreto commissariale e poi essere approvato dal tavolo nazionale. I tempi non sono di certo brevi. Il vicepresidente della Regione conta in un'attesa «che non dovrebbe superare i quattro, cinque anni».