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"Incastrato da chi voleva ripulire denaro sporco"

Un'immagine del film su luciano Liboni

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«Il prossimo tatuaggio che mi farò sarà un mirino, almeno riusciranno a colpirmi con più facilità. Ormai sono diventato un bersaglio e quindi preferisco rendermi più visibile a chi mi vuole sparare». È il regista Stefano Calvagna a scendere in campo per respingere tutte le accuse della magistratura che ha chiuso le indagini nei suoi confronti, sostenendo che ha truffato il coproduttore del film «Il Lupo» da lui diretto e uscito nelle sale nel marzo 2007. «Sono io la vera vittima in questa vicenda giudiziaria, in tutta la mia vita non ho mai avuto problemi con la giustizia e non ho mai commesso un reato, ho il casellario giudiziario pulito - continua Calvagna - sono stato incastrato da persone che volevano ripulire del denaro e hanno cercato di farlo coinvolgendo un piccolo regista come me per raggiungere i loro guadagni illeciti». Non usa mezzi termini nel difendersi il regista del film «Il Lupo», che racconta la storia di Luciano Liboni, il 47enne pregiudicato umbro accusato di aver ucciso per sfuggire a un controllo il 22 luglio 2004 l'appuntato dei carabinieri Alessandro Giorgioni a Pereto di Sant'Agata Feltria (Pesaro-Urbino). L'uomo, ricercato, fu poi ucciso in un conflitto a fuoco al Circo Massimo dopo aver preso in ostaggio una donna francese. Secondo la ricostruzione del pubblico ministero Andrea Mosca, titolare delle indagini contro Calvagna, il regista, tra l'agosto del 2006 e il marzo del 2007, avrebbe truffato il coproduttore del film Alessandro Presutti facendosi consegnare assegni bancari per un importo complessivo di 500 mila euro. Somme che riuscì ad ottenere, in base agli accertamenti del magistrato, facendo credere al coproduttore che erano in corso trattative per la vendita dei diritti della pellicola. «È un'accusa che non ha alcun fondamento - ha proseguito il regista - di tutti quei soldi non ho mai visto un euro». E ancora: «Nella mia vita ho anche chiesto prestiti in banca per finanziare i miei film, a dimostrazione che io quei soldi non li ho mai presi. Nella mia vita sono sempre andato avanti contando sulle mie forze». Stefano Calvagna, che è stato interrogato nel luglio dello scorso anno dai carabinieri, ha spiegato che per riuscire a scoprire la verità in questa vicenda giudiziaria è necessario indagare sul suo entourage: «Gli inquirenti devono verificare il comportamento delle persone che mi hanno circondato per anni e poi si renderanno conto della mia totale estraneità alle accuse».

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