Il vero "asso" sarà la nuova discarica
{{IMG_SX}}È fissata per il 31 dicembre l'ennesima proroga alla chiusura di Malagrotta. E anche stavolta si andrà molto probabilmente verso l'ennesimo rinnovo. Magari non di un anno intero, ma certamente di diversi mesi. E questo non solo perché una volta individuata una nuova area occorrà del tempo per adibirla a discarica, ma anche perché siamo già entrati nel vivo della campagna elettorale per il rinnovo della giunta e del Consiglio regionale. Per questo nel complesso mondo del ciclo dei rifiuti è sempre più difficile avere un quadro chiaro al quale riferirsi. I fatti, però, ci sono. Malagrotta, discarica privata, è al collasso da anni. La chiusura, prorogata di volta in volta significherebbe non solo ridare salute e dignità a un intero quartiere ma «interrompere», se vogliamo, una catena per la quale i contribuenti pagano circa cento milioni l'anno. Basti pensare che per ogni tonnellata conferita a Malagrotta l'Ama paga circa 70 euro. Una «follia» che va avanti da circa venti anni, da quando cioè l'aumento di residenti e turisti, abbinato all'incremento dei consumi, hanno di fatto reso la discarica di Malagrotta a poco più di un «grande cassonetto», pagato però a prezzo d'oro. Ora però è arrivato il momento di voltare pagina. Non solo per necessità che sarebbe conveniente definire «umane», ancorché ambientali, ma anche di opportunità politica ed economica. Ecco allora l'inversione di tendenza più volte spiegata dal sindaco Alemanno sin dalla campagna elettorale: il ciclo dei rifiuti deve essere pubblico, dall'inizio alla fine e questo non solo per entrare nella parte redditizia (produzione di energia e riciclo dei materiali), ma anche per scongiurare che rallentamenti agli impianti di smaltimento possano mandare la città in tilt, come già accaduto. La decisione quindi è stata presa prima dal presidente della Regione, Piero Marrazzo, con il nuovo piano dei rifiuti regionale, poi da Alemanno che ha promesso la nuova discarica. Ora la rosa dei siti papabili è allo studio del tavolo interistituzionale e certamente entro l'anno si avrà il nome della nuova discarica capitolina, sulla quale si concentrerà una parte decisiva della campagna elettorale per le regionali. Sullo sfondo un'azienda, l'Ama, che potrà salvarsi da un fallimento più volte sfiorato soltanto grazie all'ingresso nella parte proficua del ciclo dei rifitui, quella per intenderci che produce energia. Non si tratta insomma di semplice immondizia. Ma dentro a quel cassonetto che accoglie rifiuti di ogni tipo ci sono anche, o soprattutto, affari e politica.