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Di notte nei vagoni-hotel barboni, pusher e latitanti

Vagoni dei treni occupati di notte dai senza tetto

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Fuori c'è scritto «Officina Porta Maggiore» delle Ferrovie dello Stato. Dentro c'è un hotel di disperati, pregiudicati e latitanti. Di giorno sono fantasmi che fanno lavori saltuari o spacciano droga. Di notte diventano ombre che passano nei buchi delle recinzione, costeggiano i binari e s'infilano nei vagoni parcheggiati allo scalo per essere riparati o fatti a pezzi e dismessi. Nello scalo un albergo vero c'è: è il Ferro Hotel, riservato al personale viaggiante che ha qualche ora di "buco" tra una partenza e un'altra.   La polizia ferroviaria del Compartimento Lazio, diretta da Carlo Casini, sono mesi che sta col fiato sul collo dei senzatetto. L'altra notte ne ha trovati altri: sempre nordafricani con precedenti penali per spaccio e diversi alias, falsi nomi. Mohammed, marocchino, 27 anni, dice: «Ero sposato con un'italiana, facevo il cameriere e ora non riesco a trovare lavoro». Ma dei panni che porta nessuno è liso o fuori moda: anche le scarpe sono griffate. Un altro, di 5 anni più giovane, anche lui col nome del profeta, il lavoro non l'ha mai avuto e cercato. Quando è arrivato nella Capitale sapeva già che Porta Maggiore era un posto sicuro dove andare a dormire. Un altro ancora, tunisino, 29 anni, dice che ha smarrito il documento d'identità: è un trucco per arne uno nuovo col nome falso. I continui setacci della Polfer hanno fatto il loro effetto. Tra gli immigrati è corso il passaparola che Porta Maggiore non è più sicura come una volta. Perciò, due settimane fa i numeri di tre giorni di controlli sono andati in discesa: 22, 26 e 5 identificati. Ma l'estate sta finendo. Di notte la temperatura si abbassa e trovare una tana diventa necessario. Sui binari morti, questi sigari arruginiti sono ricoveri a zero euro. Non ci sono lucchetti. Molte carrozze erano vagoni letto. E anche se hanno smesso di correre su rotaie continuano a far dormire sonni tranquilli ai loro passeggeri stanziali: i corridoi sono lastricati di cartoni e cuscini e gli scompartimenti sono stati trasformati in letti matrimoniali, dove si può stare in due e da soli ci si sente dei sultani in carrozza. I bisogni fisiologici si fanno sempre in bagno ma senza tirare lo sciacquone. Tra le varie etnie che a Roma sbarcano e sopravvivono c'è un accordo non scritto che però tutti hanno "letto" e conoscono. E cioè: tra i disperati non devono esserci conflitti, va evitato l'incontro tra razze che nel loro paese o nell'area geografica in cui si trova sono storicamente in lotta tra loro. Nel dettaglio: l'etiope non deve incontrare l'eritreo o il somalo e l'afghano non deve dormire accanto a un iraniano. Per cui, a Porta Maggiore si trovano nordafricani (tunisini, marocchini e algerini) distanti dai romeni, mentre gli albanesi si guardano bene dai kosovari e i palestinesi (rari) vanno a zonzo. Alla stazione Ostiense, invece, sul lato destro, ci sono gli afghani: nei camminamenti sotto le grate metalliche o avvolti dalle coperte che alcune volte distribuiscono i volontari insieme con qualche pasto caldo. Dall'altro lato, invece, o addirittura dietro i vasi (dipende dalla tempertura che c'è di notte) riposano gli iraniani. Questo patto di non belligeranza arriva fino oltreconfine. Chi sta in patria e vuole emigrare in Italia già conosce l'indirizzo dell'"hotel" da raggiungere, e sa anche delle regole che ci sono. È un tam tam che corre via telefonino e non c'è "disperato" che non l'abbia.

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