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Obama in prima linea per la sua Chicago

Barack e Michelle Obama

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La prima volta di un presidente degli Stati Uniti davanti agli elettori del Cio ha il sorriso rassicurante di Barack Obama, e l'emozione della moglie Michelle che lo bacia teneramente sul palco del discorso. «Sono venuto qui...» ha esordito Obama per sostenere Chicago nella sua corsa alle Olimpiadi 2016. Al presidente degli Stati Uniti è bastato apparire poco più di un'ora nella Congress Hall del Bella Center di Copenaghen, dove il Cio è riunito per scegliere la città che ospiterà i Giochi del 2016, per raggiungere l'obiettivo. La sua Chicago nella partita contro Tokyo, Rio de Janeiro e Madrid, gioca con l'uomo in più: il capo della Casa Bianca come testimonial della candidatura olimpica vale mille dossier messi insieme, e più di qualsiasi parola. E il suo è un discorso in linea con la nuova America. «In questo momento gli Stati Uniti devono forgiare nuove coalizioni nel mondo, tutti noi crediamo in un mondo in cui troppo spesso si sono visti gli aspetti più bui dell'umanità», uno dei passaggi del suo discorso sobrio e composto con cui ha perorato la causa della Windy City. Una città che meglio di tutte, secondo Obama, rappresenta l'America: e non perchè lì ha trovato la «mia casa» e la moglie, insomma la sua famiglia, ma perchè «è la più americana di tutte». «Credo nel movimento dello sport, sono un cittadino di Chicago e rappresento qui i cittadini americani. Non vediamo l'ora di ospitare atleti e persone di tutto il mondo sulle sponde del lago Michigan - ha spiegato il presidente americano -. Siamo una nazione che ha aperto sempre le braccia ai cittadini di tutto il mondo, compreso mio padre, che veniva dal continente africano. So che la scelta è difficile, sono qui per sollecitare la vostra preferenza per la mia città. Ho lavorato assieme a persone di qualsiasi classe e religione, ho scoperto che Chicago è la città più americana, con una storia unica, formata da tanti quartieri, che io ho imparato a chiamare casa mia. È un posto dove l'unità è variegata e ci sono tanti eventi sportivi. Chicago è una città in cui coesistono tanti aspetti. Con il lavoro, la disciplina, la determinazione possiamo riuscirci. Non è solo lo spirito americano, ma anche quello olimpico. Ecco perchè vogliamo Chicago e vogliamo i Giochi negli Stati Uniti». Obama, nel suo discorso, ha ricordato la passione con cui Chicago ha seguito la sua elezione alla presidenza Usa: «Le persone si sono riunite a Chicago per seguire i risultati delle elezioni presidenziali, non erano interessate a me come persona, ma inseguivano un ideale, una speranza. È stato un esempio di convivenza. Non sappiamo cosa riserveranno i prossimi anni, ma mi piacerebbe che, a pochi isolati dalla nostra casa, si potesse accogliere il mondo. Ciò avverrebbe in una nazione plasmata ad accogliere persone da tutto il mondo. Vogliamo offrire un palcoscenico degno dei Giochi olimpici, che devono unirci nello spirito. Io vi sollecito a scegliere Chicago e gli Stati Uniti. Se scegliete Chicago, vi prometto che renderemo il mondo più fiero», ha concluso. Obama ha risposto anche alla domanda del principe Alberto di Monaco, sottolineando ancora che «Chicago assomiglia al mondo» Sul palco lo aveva preceduto sua miglie Michelle, abito giallo, il suo colore, e discorso molto privato: la first lady ha puntato molto sulla sua famiglia, ricordando il padre, malato di sclerosi che «mi ha insegnato i valori fondamentali. "I miei ricordi migliori sono lo stare seduta sulle sue ginocchia a fare il tifo per gli atleti migliori, come Carl Lewis o Nadia Comaneci. Mai avrei immaginato che la fiaccola olimpica potesse arrivare nel mio quartiere, è un sogno. E lui sarebbe fiero di questo". Al termine della presentazione il presidente del Cio Jacques Rogge ha consegnato un diploma a Obama, che prima di lasciare la sala ha salutato tutti con la mano. E così aveva fatto appena arrivato nel Centro Congressi: "Hi guys!" il saluto amichevole del presidente a tutti quelli che lo attendevano. Poi alle dieci e mezza è rientrato nella limousine nera, accompagnato dalla first lady. In tarda mattinata riparte alla volta degli Usa, in attesa di quella vittoria che tutti danno quasi per scontata.

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