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Via libera al Prg dal Consiglio di Stato

Un'immagine di Roma dall'alto

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Il Comune di Roma non era obbligato a riportare in Consiglio il Prg nonostante le modifiche apportate in sede di Conferenza di copianificazione perché non si trattava di variazioni «sostanziali» al Piano. Sarebbe stato superfluo e contrario ai principi della semplificazione dei passaggi normativi, principio per cui era nato il tavolo inter-territoriale. Non si riscontrerebbe, inoltre, in questo mancato passaggio, nessun vizio formale. La procedura di approvazione del Piano è la stessa, "ordinaria", sia per Roma che per gli altri Comuni del Lazio. La Giunta Veltroni, dunque, fece bene a mettere il turbo all'approvazione del Piano avvenuta a febbraio del 2008; modificando in corsa e finendo di complicare - aggiungiamo noi - le norme tecniche del Piano regolatore generale. Queste, riassumendo in parole povere, le motivazioni contenute nel documento di 15 pagine depositato lunedì dai Giudici della Quarta sezione del Consiglio di Stato. Una sentenza che di fatto ribalta quella del Tar del 19 marzo con cui il Tribunale, accogliendo il ricorso della società Boadicea property Services Co. Limited, bloccava il Prg capitolino. Una paralisi che il Consiglio di Stato, già un mese dopo la sentenza del Tar, aveva provveduto a sbloccare con una sospensiva per non mettere la Capitale in ginocchio. Se questa nuova sentenza da un lato scaccia lo spettro di una lunga crisi urbanistica, dall'altra è indice di una confusione in materia, ancora tutta da sanare, a cominciare dal reticolato delle nuove norme tecniche sull'incomprensibilità delle quali si fondano in sostanza altri duecento e passa ricorsi su cui il Consiglio deve ancora pronunciarsi. Una pronuncia che dovrebbe arrivare a fine ottobre e che non dovrebbe riservare sorprese. Ma è lo stesso assessore all'Urbanistica capitolino Marco Corsini a restare con i piedi per terra e a ricordare che «fino al pronunciamento definitivo sugli altri ricorsi presentati, la vera sfida rimane la semplificazione delle norme tecniche del nuovo Piano, che gli uffici da lui rappresentati stanno affrontando». Più soddisfatto Roberto Morassut, segretario del Pd Lazio ed ex assessore all'Urbanistica del Comune di Roma: «Questa sentenza dimostra che l'amministrazione di cui ho fatto parte ha lavorato bene, con scrupolo e con serietà». E ne approfitta anche per togliersi un sassolino dalla scarpa, pur lanciandolo senza forza contro "ignoti": «Vengono così spazzate via tante illazioni e anche le nascoste speranze di chi ha tifato perché i giochi urbanistici nella Capitale si riaprissero. Ora Roma ha uno strumento urbanistico certo con cui ripartire». Soddisfazione anche da parte del presidente dell'Acer (Associazione costruttori edili romani) Eugenio Batelli: «Un risultato positivo in un momento di crisi. Evitare il blocco dell'attività urbanistica significa dare al settore edile le armi per combatterla». Tutto bene, quindi, quel che finisce bene, almeno per ora. Lascia perplessi, però, il silenzio stampa dopo una notizia comunque di rilievo come quella di ieri. Tranne i tre personaggi citati, diretti interessati, i politici non commentano. Non c'è più spazio per le polemiche? È forse tempo per la Giunta Alemanno di rimboccarsi le maniche? È forse tempo per gli ex dell'amministrazione Veltroni di gettarsi alle spalle un passato urbanistico tanto controverso quanto contraddittorio? O per caso è solo tempo, ora che il peggio è passato, di bearsi tutti al sole di una vicenda giudiziaria scontata? La sentenza, del resto, fa bene alla città. Ed è ciò che più conta. Tanto basta a giustificare il "no comment".

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