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L'abbraccio di Roma ai parà

L'ultimo saluto di Roma ai parà uccisi in Afghanistan

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ROMA - Un silenzio assordante avvolge Roma al passaggio del corteo funebre dei sei militari uccisi a Kabul. La città si ferma, il traffico anche, molti negozianti abbassano le saracinesche, chi non lo fa decide comunque di sospendere l'attività per alcuni minuti ed esce fuori dal proprio negozio per vedere i feretri trasportati sui mezzi militari scoperti. Lungo l'intero tragitto, che dall'ospedale militare del Celio ha sfiorato il Colosseo, l'Aventino, per poi percorrere via Ostiense fino ad arrivare alla basilica dove si sono svolti i funerali, sventolano centinaia di bandiere. I romani hanno risposto all'appello del sindaco Alemanno ed esposto i tricolori sui balconi. Bandiere che vanno ad aggiungersi alle migliaia che il Campidoglio ha voluto sventolassero da ogni lampione lungo il tragitto del corteo funebre. Volti di uomini, donne, giovani e anziani, perfino di qualche bambino tradiscono l'emozione alla vista di quelle bare avvolte dal tricolore. C'è chi si ferma improvvisamente per strada, chi scende dalle auto e spegne il motore senza preoccuparsi di accostare, sicuro che chi è dietro farà lo stesso. Lungo via di San Gregorio, al passaggio dei feretri, è tutta una fila immobile di auto, così come su via Ostiense dove i mezzi militari scortati dai motociclisti della polizia di Stato passano lungo la corsia preferenziale davanti a centinaia di persone che, a un certo punto, rompono il silenzio e fanno partire gli applausi. Alcuni di loro hanno in mano una bandiera, sono residenti scesi in fretta da casa per portare omaggio ai sei militari. «Ragazzi che erano lì per una missione di pace e sono morti», singhiozza tra le lacrime un'anziana signora. «Sono qui per onorarli», «Sono degli eroi», «Onorano l'Italia, la nostra Patria», dicono commossi i romani. C'è anche chi aspetta il passaggio dei feretri perché è madre o padre di un militare. «Poteva esserci mio figlio – sussurra un signore che stringe forte una bandiera – ho partecipato ad alcune missioni nei territori di guerra e tante volte ho pensato che avrei potuto vivere questo terribile momento. Sono vicino alle famiglie di questi ragazzi». E c'è anche chi non dimentica i funerali delle vittime di Nassiriya: «Ero qui anche allora – ricorda un giovane che tiene per mano la figlia piccola – e come quel giorno provo lo stesso dolore». Anche dove non passano le bare la città rende comunque omaggio ai militari. In concomitanza dei funerali si ferma l'attività nelle scuole, negli uffici pubblici, in diverse aziende. E ancora i commercianti che per qualche minuto sospendono le attività, un altro modo di partecipare al momento di dolore senza sentire la necessità di abbassare le saracinesche del negozio. Altre bandiere sventolano sui balconi delle case in quartieri come Boccea, Prati, Flaminio, Ponte Milvio. Molte sono apparse già qualche giorno prima del funerale. La ripresa alla vita di tutti i giorni è lenta. Le bandiere sono continuate a sventolare anche dopo i funerali. Qualcuno ha appeso i tricolori anche sui semafori e sui cartelli stradali. Sono rimasti lì tutto il giorno. In segno di lutto, per non dimenticare.

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