I genitori della Pisacane: "Più italiani nelle classi"
Zaino in spalla, grembiulino nuovo e la salita su per le scale, mano nella mano con la mamma o con il papà, verso la prima avventura scolastica. È la scena del primo giorno di scuola, identica per migliaia di bambini. Alla scuola Carlo Pisacane però, oltre quelle scale ci sono classi frequentate unicamente da bambini stranieri. È la prima volta che accade a Roma, è il primo segnale di un'integrazione voluta ma certamente mancata. Qui il 97 per cento degli alunni è straniero e per la prima volta tre classi elementari non hanno cognomi italiani nel registro di classe. E se il problema non sono tanto quelle scritte multilingue in corridoio ad indicare la palestra o la direzione, anche se già la loro stessa esistenza presuppone un disagio lampante, quanto piuttosto che la scuola di Tor Pignattara si è trasformata in una scuola «ghetto» dove le mamme italiane portano via i propri bambini perché il presepe non si chiama più così ma «villaggio globale», perché i propri figli non hanno compagni di scuola con i quali condividere anche i pomeriggi o le gite gite scolastiche, che infatti non si fanno più. Avviene, insomma, una «discriminazione» al contrario. Il caso è stato denunciato da questo giornale quasi un anno fa e nonostante lo sforzo dell'amministrazione comunale per arrivare a una distribuzione più omogenea delle iscrizioni di bambini stranieri, con la proposta dell'assessore comunale, Laura Marsilio, di scuolabus gratis e nonostante una mozione approvata dalla commissione Cultura della Camera dei Deputati firmata Fabio Rampelli, nulla è cambiato, anzi. Su 139 alunni iscritti alle elementari 115 sono stranieri. Una realtà che spacca genitori e politici. Sono tanti infatti i genitori stranieri che vorrebbero più bambini italiani alla Pisacane. «Sarebbe molto meglio se ci fossero più bimbi italiani in classe, mio figlio imparerebbe meglio la lingua», sostiene convinto un papà bengalese all'uscita dalla scuola elementare Carlo Pisacane, dello stesso parere una mamma dell'Ecuador: «È giusto stabilire un tetto, basta però che ci sia sempre posto per i bambini stranieri». Di contro altri genitori «esaltano» l'esperienza multietnica della scuola e addirittura la propongono come modello da seguire. Mentre i vertici del VI Municipio respingono persino la proposta del ministro Gelmini di inserire un tetto del 30 per cento di alunni stranieri per classe. «Non sono d'accordo - ha detto il vice presidente del VI municipio, Antonio Vannisanti - non si concilia con la legge sull'autonomia delle scuole, che in questo caso prevede la libera scelta dei genitori sull'iscrizione di alunni in qualsiasi istituto. E poi quanti alunni si iscriverebbero alla scuola Pisacane? Quella è una zona per la maggior parte abitata da stranieri». Il problema, insomma è ideologico e numerico, secondo alcuni. Per altri invece l'integrazione si sarebbe risolta con l'introduzione di menù etnici nelle mense scolastiche, credendo forse che far mangiare couscous a bimbi di cinque anni trasformasse un italiano in straniero senza pensare tuttavia che lo straniero vorrebbe essere anche un po' italiano. La realtà tuttavia si trova negli occhi di una ragazzina indiana che frequenta le medie in un istituto poco distante dalla Pisacane. Prima si guarda intorno, verso quelle scale che portano alla scuola «abbandonata» dagli italiani, poi decisa risponde: «Sarebbe meglio andare in una scuola dove ci fossero tutti e non pochi italiani. Per me il fatto di stabilire un rapporto di tre alunni stranieri su dieci mi sembra un'ottima idea».