Roma, blitz all'ex "8 Marzo": 5 arresti
{{IMG_SX}}Chi occupava doveva pagare il pizzo a quelli del centro sociale. Chi si rifiutava subiva pestaggi e veniva «sfrattato». Il fantasma del racket delle occupazioni ha preso corpo, magistrati e investigatori hanno dato consistenza all’inchiesta de "Il Tempo". Alla periferia di Roma, investiti da lanci di assi e bottiglie, all’ex scuola «8 Marzo» i militari hanno arrestato 5 persone. Sono i romani Francesca Cerreto, 36 anni, Gabriele Giovannetti, di 33, Sandro Capuani (48), Simone Magnani (26) e Sandro Ciferni (44). Il sesto, Michele Panuccio, 33 anni, torinese, è all'estero. Altri due sono indagati. A Panuccio e Magliani sono stati concessi i domiliari. Le ipotesi di reato contro tutti sono macigni. Quelle che li uniscono (escluso Ciferni) sono associazione per delinquere ed estorsione. I primi due indagati, aderenti al centro sociale Macchiarossa, dirimpettaio dell'ex scuola, sono ritenuti i capi di questa presunta associazione. All'interno gli investigatori hanno sequestrato caschi, catene, mazze, materializzando i sospetti degli investigatori che hanno definito l'ex istituto anche un centro di addestramento per la guerriglia urbana, da corteo. Tra le carte è stato rinvenuto una sorta di regolamento interno: chi vive qui deve pagare una retta mensile e partecipare alle manifestazioni, anche se c'è da scendere in piazza. Nell'ex «8 Marzo» vivono una quarantina di persone, per la maggior parte straniere. I militari hanno eseguito i provvedimenti quando era ancora notte. Per evitare che l'operazione assumesse il volto di uno sgombero per niente previsto, le camionette coi carabinieri in tenuta antisommossa si sono fermate a un isolato di distanza. I colleghi in divisa di ordinanza, invece, sono entrati nella scuola alla Magliana. Sul posto, alla regia dell'operazione erano il comandante provinciale dell'Arma, il generale Vittorio Tomasone, e i vertici di Gruppo Roma e Compagnia dell'Eur, rispettivamente Alessandro Casarsa e Antonio Tetta, al suo ultimo incarico operativo prima del trasferimento. L'ingresso non è stato facile. L'ex scuola era diventata un fortino. Al piano terra, al primo e più su ancora, con l'ausilio di una squadra dei vigili del fuoco, le forze dell'ordine hanno dovuto abbattere porte blindate e rimuovere "tappi" di calcinacci che gli occupanti avevano serrato e ammucchiato per ostacolare il passaggio. Qualcuno dalle scale ha lanciato sulle divise anche un fumogeno da stadio. Una ventina di persone ha aspettato i militari sulla terrazza del palazzo, mentre dall'alto il faro di un elicottero dei carabinieri li illuminava. La temperatura degli animi si è alzata quando le auto del 112 hanno portato via i cinque. Uno alla volta. La folla presente, che nel frattempo era stata rimpolpata da altri componenti di centri sociali romani corsi dopo il tam tam, hanno premuto sulla rete della recinzione su un lato del cancello principale. Quando le vetture sono sfrecciate via si è scatenata la furia. È partito il lancio di sassi e bottiglie: contro le auto e le camionette. È volato anche un ombrello. Una signora col velo si è attaccata a uno specchietto retrovisore di una vettura dell'Arma. Alcuni hanno afferrato i cassonetti e la campana della raccolta differenziata del vetro e li hanno rovesciati a terra, a mo' di barricata. Il legale degli occupanti dell'«8 Marzo», l'avvocato Antonia Di Maggio, ha trattato coi carabinieri. Cinque minuti dopo i manifestanti hanno rimesso su i bidoni dell'Ama. Alle 8,15 era tutto finito. Il castello di sospetti sul presunto racket delle occupazioni ha preso corpo a dicembre. Un eritreo si presenta alla stazione dei carabinieri di Villa Bonelli. Dice che da quando ha smesso di pagare «il contributo volontario» ad alcuni esponenti del centro sociale Macchiarossa che ha occupato la scuola, la sua vita è diventata un inferno: lo hanno minacciato, picchiato (ha perso un occhio) e ora lo hanno sbattuto fuori. I militari lo accampagnano, ma vogliono verderci chiaro. Il «contributo volantario» è di 15 euro al mese, che sale del doppio a seconda di quanti sono i componenti della famiglia, se l'adulto lavora oppure no. Lo scenario si compone lentamente. Altri occupanti denunciano fatti analoghi. Una donna racconta anche di aver subito una molestia sessuale. I sospetti crescono. Non mancano neppure i riscontri. Alle storie di prepotenze raccolte nelle sette denunce presentate ai carabinieri seguono le testimonianze di chi le conferma a verbale. Lo scenario si fa sempre più fosco e meno incerto. Diventa lo sfondo di un'inchiesta della Procura di Roma. Adesso anche il sostituto procuratore Santina Lionetti vuole vederci chiaro. Il magistrato chiede ai carabinieri una serie di verifiche. Lunga e dettagliata. I militari della stazione di Villa Bonelli vanno e vengono dalla ex scuola, documentano i loro spostamenti, vogliono assolutamente evitare che alla fine della storia qualcuna possa dire che hanno forzato la mano o mestato nel torbido per gonfiare le ipotesi di accusa. Altri occupanti e nuove testimonianze confermerebbero le versioni dell'accusa. La trama dell'inchiesta finisce sulle pagine de Il Tempo. L'eritreo conferma il suo incubo e le violenze subite. Alla fine il puzzle è completo. Il pm Lionetti chiede le misure di custodia cautelare, e un'altra donna, il giudice per le indagini preliminari Cecilia Demma, le concede. Ieri gli arresti.