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Nidi-famiglie e tagesmutter Spese pazze della Regione

Scuole materne

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E la Regione Lazio, si sa, quando si tratta di bambini non bada a spese, tanto da sborsare più di 5 milioni di euro in 2 anni per 252 baby-alunni. Soldi che, naturalmente, sono finiti alle cooperative che si occupano di servizi per l'infanzia. L'idea dei nidi-famiglie, infatti, non è venuta solo a quel gruppo di mamme di Fiumicino capitanate da Katiuscia Levi - di cui davamo notizia proprio ieri su queste pagine - e dalla sua associazione "Scarabocchiando a casa di...". Ad agosto del 2007 la Giunta Marrazzo annunciò per l'ottobre dello stesso anno un progetto dedicato alla formazione di assistenti e alla sperimentazione di nidi "fatti in casa" stanziando 3,3 milioni di euro. Madrine del progetto erano l'assessore alla Scuola Silvia Costa, oggi euro-deputato, e alle Politiche sociali Anna Salome Coppotelli. Il progetto non partì però quell'anno e slittò all'ottobre del 2008, quando gli assessori annunciarono l'assegnazione dei bandi di concorso e l'inizio dei corsi di formazione di 250 ore per le 220 "mamme di giorno", traduzione dal tedesco "tagesmutter". 119 mamme-maestre sarebbero state destinate alla Capitale e gestite da 5 cooperative, trainate dalla più grande Santi Pietro e Paolo, riunite nel consorzio CasaNido. Oggi, a pochi giorni dall'inizio dell'anno scolastico, solo a Roma, di quelle 119 donne ne sono al lavoro 60. Sessanta, cioè, tramite CasaNido, sono state formate, hanno allestito in appartamenti privati i nidi-famiglie, hanno accolto, accolgono e accoglieranno 252 bambini da 0 a 6 anni. Lasciare in uno di questi nidi un bimbo costa da 4,5 a 6 euro l'ora. La Regione viene incontro alle famiglie accollandosi 3 dei 6 o dei 4,5 euro. Ciò significa che a mamma e papà, lasciare il proprio pargolo a una "tagesmutter" regionale per tutta la giornata, dal lunedì al venerdì, costerebbe dai 240 ai 480 euro. Fin qui niente di strano. Anzi, chi fosse interessato al servizio o a diventare una "tagesmutter" può contattare il sito internet www.casanido.com. Il costo è mediamente più basso di un nido privato e competitivo con i prezzi delle concorrenti scuole dell'infanzia, sempre private. Più che il prezzo al pubblico, però, lascia perplessi il costo eccessivo del progetto. Quanto pesa sul bilancio della Regione ognuno di quei 250 pargoli? A voler fare due conti, nella migliore delle ipotesi ogni bambino costa 20mila euro. L'ente, infatti, oltre al finanziamento di 3,3 milioni di euro (2007), nel bilancio dell'anno successivo dimostra di credere nei nidi-famiglie tanto da stanziare in bilancio - tra i fondi destinati all'assessorato alle Politiche sociali - altri 1,5 milioni di euro per implementare il progetto e 500mila euro per potenziare la comunicazione, per pubblicizzare, insomma, il servizio. Che la Regione sia più che sensibile ai bisogni dei bambini in età da nido e materna è documentato da un'ulteriore voce in bilancio di 7 milioni di euro per non meglio precisati "servizi socio-assistenziali all'infanzia". Dell'«approvazione del Piano di utilizzazione degli stanziamenti per la realizzazione dell'attività di sviluppo del sistema integrato dei servizi socio-educativi» ne dava notizia la stessa Regione alle agenzie giornalistiche il 14 agosto del 2008, citando i rispettivi capitoli di spesa. Ai 3,3 milioni di euro del 2007, si sarebbero quindi aggiunti 2 milioni l'anno successivo. 5,3 milioni, ricordiamo, serviti a formare 220 mamme-maestre, di cui solo 60, o poco più, sono in attività. 5,3 milioni per 252 bambini romani, forse qualcuno in più contando gli sporadici casi attivi di nidi-famiglie nelle altre province del Lazio. Dal Consorzio CasaNido arrivano però notizie incoraggianti. Se i contratti stipulati dai genitori sono solo 252, è pur vero che le richieste di affidamento superano il migliaio. E allora, se alla Regione ogni bimbo affidato ai nidi-famiglie costa 20mila euro, bisogna chiedersi se sia valsa la pena cavalcare l'idea del duo Costa-Coppotelli, o sperare che aumenti al più presto il numero delle mamme-maestre e con loro quello dei baby-alunni. La Regione, e Roma in particolare, ne hanno disperato bisogno.

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