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Gay, dietrofront del pm: "Arrestate l'aggressore"

La vittima dell'aggressione omofoba nei pressi del Gay Village

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Richiesta di arresto. Le pressioni di politica e opinione pubblica alla fine hanno prodotto il loro effetto. Ieri il sostituto procuratore Pietro Pollidori ha chiesto l'arresto di A.S., 40 anni, presunto aggressore dei due omossessuali - Dino, 28 anni, e Giuseppe, di 44 - avvenuta tre notti fa all'uscita del Gay Village all'Eur. Adesso sarà il giudice per le indagini preliminari a decidere se firmare l'ordinanza di custodia cautelare oppure lasciare l'indagato a piede libero con una denuncia per tentato omicidio. Il presunto feritore è pregiudicato per reati contro il patrimonio e droga, potrebbe ripetere il reato o fuggire: due ipotesi che in teoria basterebbero al Gip per disporre l'arresto. Ma A.S., detto «Svastichella», residente al Laurentino 38, è anche dichiarato clinicamente seminfermo di mente, condizione questa che il suo avvocato difensore potrebbe facilmente usare per tirarlo fuori dal carcere o evitare che ci finisca. Le indagini della Squadra mobile però non sono finite con l'identificazione di Svastichella. Le due vittime dell'aggressione e un testimone oculare hanno detto di aver visto un altro partecipare all'agguato, colpire dopo il ferimento sia Dino che Giuseppe con calci allo stomaco, dopodiché entrambi sarebbero fuggiti con altri loro amici a bordo di due auto. Il numero di targa di una di queste sarebbe stato trascritto da una delle tante persone che quella notte erano lì al chiosco dei panini, copiato su un foglietto che poi sarebbe stato consegnato a uno degli amici dei gay. Il dietrofront della Procura e la notizia della richiesta di arresto ha sollevato un coro di commenti positivi. In primis quello dei due aggrediti: Dino, marchigiano, ancora ricoverato al Sant'Eugenio con un polmone e il fegato bucati dalle coltellate, e Giuseppe, napoletano, esperto informatico residente in Spagna, con sei punti alla testa per una bottigliata. «Comincio a essere fiducioso - dice Giuseppe - non mi aspettavo tanta solidarietà. Il dietrofront della procura credo che sia doveroso». Oggi l'informatico napoletano volerà in Spagna. «Se consegnerò il passaporto italiano? Ho ancora voglia di farlo - ammette - Cambierei idea solo se si riconoscesse il reato commesso contro gli orientamenti sessuali». Per l'altro ferito, Dino, il più grave, parla il suo avvocato Danielo Stoppello: «Questa mattina (ieri, ndr) Dino stava male, non solo fisicamente, ma anche moralmente, era depresso per tutta la vicenda. Dopo la notizia - aggiunge - si è sentito sollevato. La solidarietà ha fatto effetto. Anche la sua famiglia ha espresso soddisfazione per la decisione della Procura». Sulle sue condizioni di salute il direttore sanitario della Asl RmC, Paolo Palumbo, ha spiegato che «sono stazionarie e questo è un dato positivo, ha subito un intervento chirurgico abbastanza delicato e si spera di sciogliere la prognosi entro 48 ore, per riportare il paziente a casa nell'arco di una decina di giorni». In mattinata è andato a trovarlo al Sant'Eugenio il vicesindaco di Roma, Mauro Cutrufo. «Purtroppo - esordisce - non è la prima volta che siamo costretti a portare la solidarietà dell'istituzione che rappresentiamo a cittadini aggrediti. Mi è dispiaciuto apprendere, da quello che ho letto, che ci sia stata una particolare indifferenza da parte dei presenti all'accaduto». Anche un terzo personaggio tira un sospiro di sollievo per la decisione della Procura. È il testimone dell'aggressione, Vincenzo. «Sono contento, sono veramente contento». Lui aveva espresso parole dure contro il magistrato che si era limitato alla denuncia a piede libero, augurandogli di subire la stessa dissaventura che hanno vissuto i tre. «Volevo che il giudice vedesse il ragazzo in ospedale - dice - ma mi basta il ripensamento. Questa gente, questi violenti, non dovrebbe essere liberi di girare in città». Poi un grazie «a tutti colore che hanno manifestato la loro solidarietà».

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