Rifiuti, spunta la trama serba
L'ingegnereEnea garantiva la serietà di facciata e la Ecologia srl faceva affari, anche all'estero. Dopo aver incassato i frutti avvelenati dello scandalo amianto a Pomezia, la rete di amicizie pericolose cercava di fare affari anche in Serbia. È una delle piste investigative tracciata dai giudici di Velletri (il gip Macchiusi e il pm Travaglini) nelle nove ordinanze di custodia per traffico illecito di amianto dalla Sicilia al litorale romano, eseguite l'altro ieri dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Roma. Tra i nove colletti bianchi sospettati (e 45 indagati), fra imprenditori e segretarie, spiccano due ingegneri dell'Enea, Vittorio Rizzo e Claudio De Cecco. Secondo l'accusa, garantendo l'autorizzazione alla Ecologia, di adeguare la discarica di Pomezia per ricevere l'amianto dalle Marche alla Sicilia, l'ingegnere Rizzo era diventato consulente e socio di lusso della società con la quale erano stati messi in piedi progetti anche all'estero, nei Balcani, nel Comune serbo di Somborn. Secondo il Tribunale di Velletri, Rizzo commetteva due abusi: agiva per conto della Ecologia (di cui consulente) e in nome dell'Enea, grazie ai quelli che il Gip definisce i «compari all'Enea». «Il modus operandi di Rizzo e dei suoi "compari" all'Enea - spiega il giudice - ha consentito loro, attraverso la stipula di una serie di consulenze con importanti società che venivano loro affidate, sempre e rigorosamente a fronte di rilascio di certificazioni, attestazioni, sponsorizzazioni Enea, di introitare ingenti somme di denaro. Il fatto che Rizzo e i suoi compari - continua - potessero rilasciare attestazioni Enea ha, insomma, funto da "specchietto per le allodole", perché una serie di imprenditori e società che operavano in diversi settori si affidassero a loro e ai loro servigi, all'interno dell'Ente nazionale, per ottenere ciò di cui necessitavano, al fine di avvalorare la loro attività imprenditoriale».