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Vivo grazie al cuore artificiale Primo trapianto al Policlinico

Sala operatoria

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Impazzirà d'amore o di collera anche se è un cilindro di sette centimetri largo due. Ne è sicuro il sessantacinquenne tornato a vivere dopo un infarto al miocardio che lo aveva quasi spedito al Creatore, che se lo porta in petto: il primo cuore interamente artificiale trapiantatogli al Policlinico Umberto I di Roma «sarà anche capace di farmi provare le emozioni» assicura l'uomo che sembra già rinato, e ha ricevuto la prima visita della moglie in ospedale. Sabato scorso l'equipe dei professori Mazzesi e Miraldi glielo ha "cucito" dentro il veccho cuore malridotto, che da marzo ormai, non era più in grado di fare il suo dovere. Sei lunghe ore sotto i ferri, un intervento complicato ma che è filato liscio, e l'uomo è tornato a nuova vita. Di casi così, in Italia, ce ne sono stati solo altri 21 dal 2007. E il ventiduesimo, realizzato presso il Dipartimento «Cuore e Grossi vasi», diretto dal professor Carlo Gaudio dove è stato impiantato un «cuore artificiale», ovvero un sistema di assistenza ventricolare sinistra (Lvad) tipo Jarvik 2000, è anche il primo a Roma. Come funziona? C'è una pompa centrifuga che viene inserita nel ventricolo sinistro del paziente e svolge la funzione di incrementare, fino a livelli fisiologici, la portata del sangue in tutto il corpo. L'impianto, 7 centimetri di lunghezza e 2,5 di diametro, ha forma cilindrica e resta alloggiato all'interno del cuore. «L'intervento, durato complessivamente 6 ore, all'equipe composta dai professori Giuseppe Mazzesi e Fabio Miraldi con il dottor Antonio Barretta e il dottor Piero Proietti - spiegano al Policlinico - hanno fornito il loro supporto tecnico il professor Massimo Massetti dell'Università di Caen (Francia) e il professor Guido Sani dell'Università di Firenze, che seguono il progetto multicentrico europeo di tali impianti. La delicata gestione anestesiologica dell'intervento, che è stato eseguito senza l'impiego della circolazione extracorporea, e il successivo trattamento in terapia intensiva sono stati condotti dalla unità operativa di Cardio-Anestesia diretta dal professor Luigi Tritapepe con il dottor Claudio Di Giovanni». Tale procedura costituisce di fatto l'avvio del nuovo programma per il trattamento chirurgico dello scompenso cardiaco presso il Policlinico Umberto I. Il paziente cui è stato impiantato il sistema, come conseguenza di un esteso infarto miocardio a marzo, era stato trattato per quasi due settimane con una contropulsazione aortica e con il supporto farmacologico necessario. La dimissione dopo tale evento acuto, avvenuta quattro settimane più tardi, era stata seguita da numerosi e successivi ricoveri. Nonostante le cure farmacologiche, l'uomo non riusciva a sostenere un trattamento domiciliare con un minimo di autonomia. E non c'erano presupposti per un trattamento chirurgico convenzionale, né per un trapianto cardiaco, controindicato a causa di un diabete aggressiva. Ora l'uomo sta bene e ha già visto la moglie. Inizia ora il suo programma di riabilitazione e di istruzione per la gestione, in piena autonomia, del cuore nuovo.

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