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Soltanto 36 mesi al pirata ubriaco I familiari: "E' una vergogna"

Un Carabiniere cerca salvare dal linciaggio il romeno che guidava ubriaco

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Confermato: 36 mesi di reclusione al romeno che la notte del 7 febbraio ubriaco e senza patente, alla guida di un'auto rubata a un suo amico in pizzeria, contromano sulla Prenestina, uccise Marco Picano di 37 anni, ferì la ragazza che gli era seduta accanto nell'auto, non le prestò soccorso, ed entrò in un bar per bere una birra, un Peroncino. La gente voleva linciarlo, lo salvarono le forze dell'ordine. Ieri il giudice Giuseppe De Donato ha accolto la richiesta di patteggiamento per omicidio colposo concordata dal pubblico ministero Elisabetta Cennicola e dal difensore del trentacinquenne Daniel Dan Serban, l'avvocato Luca Zennaro. «Questa non è giustizia - si sfoga Giuseppe Picano, fratello della vittima - Al giudice chiedo come si fa a condannare a 36 mesi chi ha rubato un'auto, guidato senza patente, ubriaco, non ha prestato soccorso e ha chiesto una birra? I giudici sono di ghiaccio. La triste morale - riflette - è che in questo paese chi sbaglia è garantito e l'onesto subisce due volte: prima dal reo, poi dalla giustizia che condanna chi ha tolto la vita a una pena ridicola, trentasei mesi. Questo significa uccidere la persona una seconda volta». La famiglia Picano e l'avvocato Gianluca Ciampa stanno valutando se appellarsi alla Procura generale della Corte di Appello. Anche perché le previsioni sono queste: «Il romeno per ora resta in carcere - spiega Ciampa - ma non mi stupirei se uscisse prima di Natale. Dipende molto dal giudice di sorveglianza. Basta che qualcuno lo richieda per motivi di lavoro e già potrebbe uscire in permesso. È la legge». Se 36 mesi di condanna sembrano pochi, all'inizio la pena che era stata concordata da accusa e difesa era un'altra: 2 anni e 4 mesi. La sentenza era prevista il 14 luglio. Poi c'è stato uno stop. L'avvocato Ciampa ha fatto notare al giudice una svista, il calcolo errato del periodo di reclusione. Inoltre, sullo scranno del giudice è arrivata la lettera-appello della famiglia: «Se Ella ha figli o fratelli, provi solamente a pensare da genitore, o da fratello, alla sofferenza che ogni giorno viviamo, ripensando al nostro Marco, e si domandi se quella pena sia sufficiente per il male e il dolore che l'omicida ha causato». Ieri sono stati aggiunti 8 mesi. La famiglia Picano lancia un appello al sindaco di Roma, Gianni Alemanno: «Subito dopo la morte di Marco venne a trovarci per portarci la sua solidarietà, ora chiediamo di farsi portavoce di questa richiesta, perché venga fatta la necessaria chiarezza». Il sindaco replica da New York: «Sono sconcertato, tre anni sono pochi, il giudice è stato mite. Si tratta di segnali negativi che inducono alla leggerezza rispetto al codice della strada. Spero che ci sia ricorso in appello. Mi auguro che ci siano pene più severe».

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