Bianchini, è caccia alle impronte digitali
È ormai guerra di perizie nell'inchiesta sugli stupri avvenuti a Roma negli ultimi mesi. Il presunto stupratore, Luca Bianchini, chiuso in cella da venerdì scorso con l'accusa di aver violentato tre donne, è infatti partito al contrattacco, respingendo con fermezza le accuse di essere il «mostro». E ha quindi deciso insieme con i suoi difensori, gli avvocati Bruno Andreozzi e Giorgio Olmi, di nominare periti per effettuare di nuovo l'esame del Dna. Dall'altra parte, però, ci sono i test scientifici della Polizia. Non solo sulle tracce biologiche trovate sulle vittime, che corrisponderebbero in parte al Dna dell'indagato, ma anche sugli oggetti sequestrati in casa a Bianchini. Gli inquirenti avrebbero in mano, dunque, i primi risultati scientifici eseguiti sul materiale consegnato dalle vittime. E anche quelli sui rilievi compiuti sui luoghi delle aggressioni: al vaglio, adesso, la compatibilità delle impronte digitali dell'uomo con quelle rilevate dagli investigatori durante le indagini. «Perché non si è parlato fino ad ora di impronte digitali - ha detto l'avvocato Olmi - visto che non si è fatto riferimento a eventuali guanti usati dallo stupratore e al nastro adesivo usato per legare le vittime?». Intanto, i magistrati hanno disposto altri esami, definiti di tipo «non ripetibile», ovvero effettuati con tutte le garanzie previste dal codice per il cosiddetto incidente probatorio che «migreranno» interamente nel fascicolo processuale. Come anche i risultati degli accertamenti sul computer personale dell'arrestato. «Bianchini è stato fermato per un controllo dalle forze dell'ordine una sola volta, probabilmente nel mese di maggio, tra via Laurentina e via Cristoforo Colombo, quindi non vicino ai luoghi degli stupri», ha detto l'avvocato Giorgio Olmi. E ancora: «Il mio cliente - ha aggiunto il penalista - era passato con il rosso e non gli è stata fatta alcuna contravvenzione». Il difensore ha anche affermato di non essere riuscito finora a mettersi in contatto con la fidanzata di Bianchini: «Ho provato a chiamarla ma non mi risponde, vorrà dire che per parlare con lei chiederò di farla convocare attraverso il magistrato». Dal carcere, infine, l'uomo accusato di essere il «mostro del garage» lancia un appello attraverso uno dei suoi due legali: «Venite a trovarmi in carcere, vi renderete conto che tipo di persona sono, seria e gentile. Luca Bianchini - spiega l'avvocato Giorgio Olmi - sarebbe ben contento di incontrare anche le parlamentari, che siano ministre, deputate o senatrici. Alle ministre, deputate e senatrici non potrebbe che fare onore questo gesto, se con la loro sensibilità di donne e senza pregiudizio andassero a trovarlo in carcere, per verificare che tipo di persona è il mio assistito».