«Nata con la fibrosi cistica Sana dopo il pellegrinaggio»
.Ha chiamato la sua bimba, che oggi ha tre mesi e mezzo, con lo stesso nome della donna cui si è rivolta in preghiera nel nome di San Michele Arcangelo, quando ha avuto la certezza che la figlia era affetta da fibrosi cistica, la malattia cui si sopravvive con una vita d'inferno per due-tre decenni al massimo. Ma dopo il pellegrinaggio a Oppido Lucano (Pt), nell'oratorio privato dedicato a San Michele Arcangelo, della fibrosi cistica, confermata da due precedenti analisi sul sangue al policlinico Umberto I, non c'era più traccia. È di una neomamma di Latina, di 29 anni, sposata con un camionista, che per comprensibili motivi di privacy ci ha chiesto di non rivelarne il nome, l'ultima recentissima testimonianza di una guarigione ritenuta «prodigiosa», che sarebbe avvenuta dopo il raccoglimento in preghiera nel luogo in cui più di 50 anni fa, il 7 luglio 1956, l'Arcangelo San Michele avrebbe parlato all'anziana donna lucana, Francesca Lancellotti Zotta, che ha vissuto per più di trent'anni chiusa in casa a Roma, dove ha trascorso l'esistenza pregando e ricevendo centinaia di persone cui indicava la strada per ottenere le Grazie sperate: il pellegrinaggio nell'oratorio privato di via Cervellino 70 a Oppido Lucano, Potenza. «Andate in quel luogo dove ha parlato Dio, perché chi va lì, non se ne torna a mani vuote» diceva sempre Francesca. La notte tra l'11 e il 12 luglio, i pullman militari di Guardia di Finanza, Polizia e Carabinieri si rimetteranno in moto, tra mezzanotte e l'una, da piazza Cavour, piazza Bologna e piazza San Giovanni Bosco, sulla Tuscolana, diretti in Basilicata, come succede ogni anno, due volte in estate, a luglio e settembre, dopo la prodigiosa guarigione del tenente della Finanza Fabio Cerquetani, che durante un'operazione antidroga fu colpito alla testa da un colpo di pistola ed entrò in coma. Un pellegrinaggio cui parteciperanno anche i familiari della neomamma di Latina, per «grazia ricevuta». «Alcuni giorni dopo la nascita della mia bambina, il 19 marzo scorso - racconta la donna - ricevemmo la lettera dall'ospedale in cui i medici ci informavano che, dalle analisi di routine effettuate in ospedale sui neonati, mia figlia aveva la tripsina immuno reattiva alterata: si trattava di fibrosi cistica, una malattia che non ti fa arrivare ai 20-30 anni di vita, per via di gravi problemi alle vie respiratorie, difficoltà motorie, e scarso accrescimento perché può accadere che si mangi e si vomiti a causa di una iperdistensione addominale», insomma una malattia altamente invalidante e che porta alla morte. La famiglia cade nella disperazione. «Io e mio marito non potevamo farcene una ragione perché entrambi siamo sani - continua il racconto - Al secondo esame sul sangue non c'erano più dubbi: la diagnosi è confermata. Ci viene chiesto di portare la bambina al policlinico Umberto I, per un test sul sudore. Lo facciamo. Disperata, organizzo un pellegrinaggio a Oppido Lucano, dopo aver parlato con una persona, Antonio Corelli, che conosceva la signora Francesca, morta l'anno scorso a Roma. Mando mia madre, perché io dovevo seguire mia figlia, chiedendo a lei di pregare Dio, San Michele e Francesca nel luogo dell'apparizione per ottenere la guarigione di mia figlia. Dopo una settimana siamo andati a Roma a ritirare le risposte delle analisi, e mia figla è risultata al 100 per cento sana, una cosa che appare inspiegabile, se non con il miracolo, dal momento che i due precedenti esami del sangue erano risultati positivi. Domenica scorsa ho battezzato mia figlia, e accanto al suo nome c'è anche quello di Francesca per devozione».