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Il gioco dell'oca del Prg

Campidoglio

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All'inizio degli anni '90, a dire delle forze progressiste, finiva l'era della "cementificazione" e iniziava quella della partecipazione sociale, soprattutto nelle scelte che avrebbero riguardato il territorio. Mentore di questa innovazione, a Roma, è stato il sindaco Rutelli che attraverso l'ormai famoso nuovo modo di pianificazione urbanistica, il cosiddetto "pianificar facendo", ha posto le basi a una variante del Prg denominata "Variante delle certezze", che, nella volontà di un'Amministrazione comunale abbastanza ambientalista, metteva a sistema le scelte della tutela ambientale dell'Agro romano e delle aree verdi prevedendo una consistente riduzione di aree edificabili del vecchio Prg, incompatibili con gli indirizzi di tutela, e la reiterazione dei vincoli, ormai in scadenza, sulle aree verdi. La manovra, così concepita, ha assicurato al popolo ambientalista la cancellazione di edificabilità di circa 64 milioni di metri cubi, pari a circa il 50 per cento dell'intero residuo di aree edificabili del Prg del '65. Nella decurtazione effettuata erano compresi circa 4 milioni di metri cubi di previsioni edificatorie su aree che, anche se non interessate da vincoli ambientali, venivano ritenute irrinunciabili a detta dei vigilanti ambientalisti, per la tutela del territorio, per le quali l'amministrazione comunale stabilì il diritto alla "compensazione edificatoria", unica innovazione introdotta, che consiste nel garantire, riferendosi al generale modello perequativo, il diritto edificatorio attraverso un trasferimento a distanza, a parità di valore immobiliare, in aree edificabili che risultino sostenibili, compatibili e idonee alla trasformazione. Sembrava tutto finito, erano state stabilite le sbandierate "certezze", si poteva pensare a una pianificazione economica tesa a garantire una minima stabilità negli investimenti e nel conseguente indotto del lavoro, anche sulla base della contemporanea stesura del nuovo Prg, che ha come riferimento principale proprio la manovra della "Variante delle certezze", che, come si è visto, ha operato scelte tese solo alla tutela del territorio. Purtroppo non era tutto finito, e con un decreto ministeriale del 16 ottobre 1998, si tornò indietro. Venne infatti ampliato il perimetro del Parco dell'Appia Antica e di conseguenza venne eliminata l'edificabilità di circa 2 milioni di metri cubi afferente al comprensorio di Tormarancia, che dovrà essere acquisito al patrimonio del Comune e immesso nel citato principio della compensazione. Il 20 marzo 2003 viene finalmente adottato il nuovo Prg, che, attraverso la trafila di tutte le relative procedure, compresi i pareri sullo stesso di vari enti (Regione, Soprintendenza, ecc), viene definitivamente approvato con il sindaco Veltroni, che ne da' ampio riscontro come un evento epocale e di garanzia, arrivando a dichiarare (erroneamente) sui manifesti, che è il Prg approvato e condiviso culturalmente da tutti fin dal Piano regolatore generale del sindaco Nathan del 1909. È veramente finita? No, perché si cade nella casella sbagliata e si torna di nuovo indietro: la sentenza del Tar del 19 marzo 2009, pronunciandosi su un ricorso avverso al Prg, ha accolto il medesimo e ha annullato il Piano; il Consiglio di Stato, il 17 aprile 2009, ha sospeso l'efficacia della sentenza del Tar. Si potrebbe procedere in attesa della definitiva sentenza del Consiglio di Stato, forse, se non fosse per la recente proposta di perimetrazione, ai fini della dichiarazione di notevole interesse pubblico, fatta dal ministero per i Beni e le Attività culturali, per una grossa fetta del territorio comunale, circa 5400 ettari, compresa tra via Ardeatina, via Laurentina e il mare. Si torna, dunque, ancora una volta indietro. Anche se il nuovo Prg era stato confrontato con l'adottato Ptpr della Regione e reso conforme allo stesso, si richiede la cancellazione di ulteriori aree edificabili, che nel tempo, come si è detto, erano state ritenute compatibili con il paesaggio da tutti gli addetti ai lavori, ambientalisti compresi. Senza entrare nel merito, che lascia molti dubbi, come è possibile che, dopo almeno 15 anni di politica tesa, come visto, alla difesa e salvaguardia del paesaggio, ad essa siano sfuggiti 5400 ettari di territorio? Evidentemente questa politica è sbagliata o ritenuta non sufficiente, e pertanto si ha l'impressione che la proposta di vincolo sia auspicata anche per altre aree. In conclusione, la casella del ministero ci ha riportato al punto di partenza di 15 anni fa, le "certezze" sono naufragate e al momento vige solo incertezza con la probabilità che provvedimenti dichiaratamente adottati per garantire una stringente tutela finiscano col produrre l'effetto opposto. La cosa divertente, se così si può dire, è constatare che il fautore della "certezze", Rutelli, quando era ministro, con le modifiche apportate al "Decreto Urbani" con il decreto legislativo n. 63 del 2008, ha ridato potere al ministero dei Beni Culturali in una materia di esclusiva competenza regionale.

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