Madama Lucrezia invecchia Da domani via al «ritocchino»
«Non ne posso più», disse il cartello che pendeva dallo statuario collo. Protesta più che lecita per una signora che, seppur di marmo, era stata maltrattata e rovesciata a testa giù, durante i moti di piazza del 1798. Anche per Madama Lucrezia, suggestiva e imponente «statua parlante» nella più classica delle tradizioni romane, che hanno in «Pasquino» la voce libera e impertinente per eccellenza del popolo, è arrivato il momento del «ritocco». E domani in piazza San Marco, sarà allestito il cantiere promosso dall'Associazione abitanti del centro storico grazie al contributo di Regione, Provincia e I Municipio, in collaborazione con la Sovraintendenza comunale. I lavori di restauro, pulitura e conservazione restituiranno così l'eterno fascino a una dama senza età, che qualcuno vuole far risalire addirittura al volto della dea Iside quando nella capitale dell'impero romano erano di gran moda i culti egiziani. Altri ritengono che il busto sia quello dell'imperatrice Faustina. Ma chiunque fosse questa donna, raffigurata nello stile classicheggiante dell'età antica, doveva essere di rango divino o imperiale: dea, sacerdotessa isiaca, imperatrice poco importa. Da secoli quel busto di donna è per tutti «Madama Lucrezia», l'unica statua parlante femminile alla quale i romani hanno sempre portato rispetto tanto da togliersi il cappello quando le passavano davanti. Come spesso accade quando c'è di mezzo Roma, storia, leggenda e tradizione diventano una cosa sola. Di certo la statua fu donata da Paolo II a madama Lucrezia d'Alagno, amante del re di Napoli Alfonso d'Aragona. La giovane figlia del castellano di Torre del Greco, fu ricevuta a corte e il re se ne invaghì. Si racconta infatti che il sovrano le regalò una borsa con delle monete d'oro dette «alfonsini». Lucrezia ne prese uno rispondendo che a lei di «alfonsino» ne bastava uno solo. Scomparso il sovrano, suo protettore, nel 1477 Lucrezia d'Alagno abbandonò Napoli e si ritirò a Roma. Si racconta che abitasse nell'edificio attiguo alla chiesa di San Marco, esattamente sul confine tra i Rioni Monti e Campitelli e conducesse riservata e lontana dalla mondanità e molto riservata. Morì nella capitale il 23 settembre del 1479 e fu sepolta nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva. Così madama Lucrezia in carne e ossa. L'altra, invece, continuò a esser popolare e nelle mascherate come «il palio dei disgraziati» che si svolgeva il Primo Maggio, il busto veniva incipriato e addobbato con nastri colorati. Come una gran dama. Affascinante ancora oggi.