La mamma di una vittima "Anche altre hanno subìto"
«Ora ho paura, quelle ragazze non sono buone». Parla la madre di Alice, una delle tre studentesse prese di mira dalla presunta gang di sette bulle in una scuola di Colli Aniene, denunciate per violenza privata e lesioni dal commissariato San Basilio e messe sotto inchiesta dalla magistratura. Signora perché dice di aver paura? «Perché mi hanno affrontata. Quelle ragazze non temono ciò che fanno e neppure le conseguenze alle quali vanno incontro. Anzi, quando hanno saputo che mi ero lamentata con la scuola sa cosa hanno fatto? Mi hanno aspettata fuori e mi hanno minacciata, faccia a faccia, a brutto muso». Come? «Mi hanno presa a male parole e mi hanno detto che se avessi continuato sarebbero state loro a denunciare me. Sono ragazze giovani ma determinate. Poi io sono da sola con due figlie e non è facile andare avanti. Ma cose del genere non possono essere sopportate». Scusi, si è sentita tutelata dalla scuola? «Macché. Per l'istituto siamo state noi le pecore nere da scansare. Nessuno mi ha dato ascolto. Mia figlia diceva dei pizzichi, delle botte, delle minacce e delle pressioni psicologiche che era costretta a subire in classe ogni giorno, ma la direzione non le ha dato credito. Altrimenti perché avrei scritto la lettera di marzo al direttore dello Ial nella quale ho chiesto che prendesse provvedimenti. È stato un incubo, sia per quello che è stato subito in termini fisici, sia per l'indifferenza che ha circondato questa brutta storia». Secondo lei, nella scuola ci sono state ragazze vittime delle bulle che però hanno paura di parlare? «Eccome. Mia figlia e le due amiche non sono state le uniche a essersi rivolte alla polizia. Ma anche altre hanno subito le stesse angherie, le stesse prepotenze. Cioè: non devono parlare, devono stare zitte, non devono esistere. Però un conto è lamentarsi a bassa voce e un conto è mettere le cose nero su bianco. Capisco che è difficile, ma a loro e alle loro famiglie dico di farsi avanti e dire la verità. Non è giusto portarsi dentro queste paure». A suo parere, si parla di bulle perché si tratta di sette ragazze terribili o perché c'è un clima di violenza che trasporta? «Sono sette ragazze determinate. Poi ci sono anche altre giovani che magari le possono seguire perché sono persuase o perché pure loro sono impaurite e soggiogate. Ma non sta a me dirlo». Sua figlia ha ancora paura? «Sì, per vincerla sta andando dallo psicologo».