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Col Barocchetto l'architettura cambia lingua e si fa «smart»

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Seil «Secolo d'Oro» aveva regalato alla Città Eterna splendori e fortune tali da proporla come modello a livello europeo, nel Settecento, Roma, pur continuando ad essere una tappa obbligata per gli artisti e, in particolare, per i viaggiatori affascinati dalle vestigia del passato, subisce una fase di stasi a livello edilizio. Stasi che si manifesta anche nella frammentazione di un linguaggio, quale per l'appunto il Barocco, e la formazione di uno stile; che, prendendo il segno e la cifra stilistica dei grandi del Seicento (Bernini, Borromini e Pietro da Cortona) ne interpreta, in chiave dimessa, la matrice progettuale. Da qui la nascita del Barocchetto, con l'affermazione della triade di architetti interessati non più alle grandi trasformazioni urbanistiche, quanto ad interventi concentrati su frammenti di micro scala urbana. Nel clima stagnante che si respira all'inizio del XVIII Secolo, la costruzione del Porto fluviale di Ripetta - realizzazione purtroppo andata perduta, di cui restano soltanto le testimonianze cartografiche e visive - rappresenta una proposta, sotto alcuni aspetti, polemica nei confronti del classicismo e, al tempo stesso, «emblematica della nuova età per il suo carattere di cordiale inserto nel paesaggio urbano». Alessandro Specchi, infatti, risolve il raccordo tra il greto del fiume, la spiaggia e il fondale architettonico per nulla omogeneo. L'intento dell'artista è quello di creare un asse principale in linea con la modesta facciata della chiesa di San Gerolamo. Ed è proprio su quest'asse che «si innesta un corpo cilindrico in muratura, al quale aderiscono due rampe di scale discendenti; a queste si affiancano, con più ampio giro, due rampe concave, destinate ad accogliere chi giunge dal fiume». Chiaro il riferimento: il movimento ad onda richiama alla mente le forme concave e convesse dell'architettura borrominiana. Forme che ritornano nel progetto per la sistemazione di Piazza di Spagna; progetto affidato a Francesco De Sanctis. La scalinata, costruita intorno al 1720, avrebbe garantito l'unità sintattica dell'insieme compositivo, facendo da collegamento tra lo slargo in basso e la Chiesa della Trinità dei Monti. Elemento, quest'ultimo, sopraelevato che costituisce, tuttora, lo scenografico fondale prospettico. De Sanctis compie un'operazione di traslazione, prendendo come riferimento il Porto di Ripetta, ma raddoppiandolo e complicandolo nell'articolazione spaziale. Il progetto, infatti, assume una plasticità maggiore nella zona inferiore, rafforzata con l'inserimento del ripiano di raccordo, del teatro concavo e delle nuove rampe disposte a ventaglio. Più complicato, soprattutto dal punto di vista urbanistico, anche se meno interessante architettonicamente, è la sistemazione della piccola piazza di Sant'Ignazio, a cura del napoletano Filippo Raguzzini. Artista, in verità, poco compreso e schiacciato dalla critica del suo tempo. Il progetto tende ad armonizzare lo spazio con una serie di abitazioni destinate al ceto medio; i cui prospetti, scanditi in altezza da membrature aggettanti e dal verticalismo delle finestre incolonnate, formano complesse quinte prospettiche, drammatizzando la scena della piazza. L'imponente facciata del chiesa di Sant'Ignazio non costituisce, pertanto, l'elemento dominante, «bensì un ulteriore motivo di sorpresa entro il pulsante giocoso sistema di Raguzzini».

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