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E la teca di Meier diventa "bandiera"

Un uomo passa davanti la teca dell'Ara Pacis imbrattata con vernice rossa e verde

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A guardare solo l'imponente muro bianco latte «macchiato» di rosso e di verde, quasi a disegnare una bandiera italiana d'avanguardia, verrebbe da pensare che si tratta di un'opera d'arte contemporanea. Basta però allargare lo sguardo al contesto per rendersi conto che si tratta di un eclatante atto vandalico ai danni della Teca di Meier che «riveste» l'Ara Pacis augustea. Il danno viene scoperto dalla Polizia alle 5.30 di ieri mattina e sin da subito vengono allertati la polizia scientifica e il Campidoglio. In tarda mattinata le squadre dell'Ama hanno già «cancellato» la bravata e i video delle telecamere di sicurezza sono già al vaglio degli inquirenti, per l'identificazione delle cinque persone riprese mentre imbrattano la teca con dei palloncini di vernice. Ai piedi del muro sono stati trovati un water e due rotoli di carta igienica. L'«opera» sarebbe stata realizzata in pochi minuti. I vandali sarebbero infatti arrivati sul posto intorno alle 5.10. Fin qui la cronaca. Poi parte la «caccia» al responsabile. Una caccia condita dalle dichiarazioni di Graziano Cecchini, l'artista già noto per aver lanciato 500 mila palline colorate dalla scalinata di piazza di Spagna e per aver tinto di rosso l'acqua della Fontana di Trevi. Non a caso è stato il primo ad essere interrogato dalla Questura. «Intellettualmente rivendico questa bellissima azione. Dovrebbe essercene una al giorno - commenta Cecchini dopo aver simbolicamente "abbracciato" l'opera - credo si tratti della rappresentazione di un'Italia che si stacca verso l'alto (coi palloncini) e verso il basso (water). Forse la gente si è stufata dell'Italia delle Veline». E se Cecchini prende le distanze e sposa l'opera solo «intellettualmente», poco più tardi è l'assessore capitolino alla Cultura, Umberto Croppi a indicare proprio lui come responsabile. Ad incrementare i sospetti su Cecchini la vernice «rossa Trevi», ricorda il soprintendente capitolino ai Beni culturali, Umberto Broccoli che spiega: «Hanno gettato anilina nella fontana del complesso dell'Ara Pacis tingendola di rosso, lo stesso colorante usato per la Fontana di Trevi, che i restauratori hanno subito rimosso, poi con palloncini pieni di vernice hanno imbrattato il muro bianco con quell'affresco». Indizi importanti certamente, ma non sufficienti. A poliziotti e magistrati la parola finale, che arriverà probabilmente già nei prossimi giorni. La bagarre politica, invece, scoppia immediatamente. La condanna all'atto vandalico è, ovviamente, unanime. Ma sotto campagna elettorale anche un atto vandalico può ben diventare occasione di attacco politico. Ecco allora che non basta la ferma condanna del sindaco Alemanno, arrivata poco dopo la «scoperta». «Non saranno il teppismo e le azioni vandaliche a condizionare il dibattito sugli interventi architettonici e monumentali della città - sostiene Alemanno -. Condanno nella maniera più ferma questo gesto vandalico che ha deturpato la teca di Meier che custodisce l'Ara Pacis. Tra l'altro questo avviene proprio nel momento in cui l'assessore Corsini sta dialogando con Richard Meier per trovare una soluzione architettonica che migliori l'impatto urbanistico della teca». A ribadirlo è poi lo stesso Corsini che dopo aver definito «idioti» i protagonisti degli atti «barbarici», ricorda di come si sia già concordata con l'architetto Meier «una migliore armonizzazione dell'opera». Ma non basta e il Pd parte all'attacco. Così se l'ex capo gabinetto di Veltroni, il deputato Pd, Walter Verini definisce l'atto vandalico «frutto della violenza culturale della destra romana», l'ex assessore alla Cultura, Silvio Di Francia chiede «autocritica» alla campagna di Alemanno contro la Teca. L'ex capogruppo capitolino Pd, Pino Battaglia se la prende con l'inefficacia della videosorveglianza che Alemanno vuole potenziare. Una bagarre a parti inverse. Il 19 ottobre 2007 l'acqua della Fontana di Trevi venne colorata di rosso; il 16 gennaio 2008, 500 mila palline colorate vennero lanciate dalla scalinata di Trinità dei Monti. In quelle occasioni, per l'allora centrosinistra al governo della città si trattò «soltanto» di atti sconsiderati di un'artista contro il «sistema».

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