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Se l'età industriale ispira le fotografie

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MariaGiulia Pozzi È stata inaugurata alla Monocromo Art Gallery di viale Parioli, la mostra fotografica personale, dell'artista romano Fabiano Parisi. L'artista decide di dedicarsi alla pittura circa tre anni fa, anche se ha conseguito una laurea in psicologia. Il suo interesse e la sua attenzione verso il tema del riciclaggio di tutto ciò che vive nei nostri spazi quotidiani lo porta a notare, che, alla portata di tutti noi, ci sono delle realtà che aspettano di essere descritte. Ha iniziato con la tela, ma ben presto si rende conto che il ferro è il suo supporto. L'esposizione, che durerà fino alla fine di giugno dal titolo «Ouverture - Another opening, another show», continua un progetto caro all'artista, che ha come tema i «residui industriali e umani». Le stampe fotografiche, sono applicate su scarti di ferro, che diventano cornici agli occhi profani dei visitatori; trattate successivamente con resine industriali. Il risultato finale è una brillantezza che conferisce alla fotografia l'assoluto primato di protagonista dell'opera. Le fabbriche dismesse raffigurate, tra i giochi di luci e le geometrie assolutamente perfette, diventano come monumenti che catturano lo sguardo del visitatore e gli suggeriscono di andare oltre. Questi residui industriali rievocano in tutti noi il ricordo di una fabbrica in disuso o uno stabile diroccato, che ci è capitato di vedere almeno una volta, da un treno in corsa o dal finestrino della macchina. Il rapporto che si crea tra il mondo artistico e il mondo industriale raffigurato ci dà la consapevolezza che tutto è possibile. Quello che prima era un luogo di lavoro con centinaia, migliaia di lavoratori, macchinari che sputavano fumi, rumori assordanti, frenesia e vita giornaliera di chi si doveva guadagnare la giornata, oggi ci vengono presentati come luoghi immobili, silenziosi, statici, ma che in realtà ci vogliono raccontare una storia. Luoghi immortali del paesaggio italiano, che vengono privati della loro originaria finalità, che trovano, anche in quest'epoca, il loro spazio, proprio da quello che rimane ai margini: rottami sporcizia e baracche. Quelli che prima erano pachidermi dell'era industriale, si ritrovano ad essere gentili e sublimi costruzioni di cui l'artista ci offre dei dettagli inimmaginabili. Il lavoro strutturato e curato nei minimi dettagli, che partono dalla ricerca della «location», allo sviluppo della resina sul ferro, ha permesso a Fabiano Parisi di essere accolto ad aprile ad una personale a Torino, a Milano nella fabbrica Borroni e ora a Roma, sua città natale.

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