«La vigilanza privata? Un Far West»
Istitutidi vigilanza che cambiano nome, cedono rami di azienda a nuove società, anche se chi vende e chi compra sono la stessa persona. Nella Capitale non sembra eccellente lo stato di salute della sicurezza privata. «Il settore - dice il segretario nazionale del Savip, Vincenzo Del Vicario - è diventato un Far West, ognuno si ritiene autorizzato a fare come gli pare anche a scapito della vita delle guardie giurate». C'è l'Urbe, dell'Associazione combattenti e reduci, un ente morale, che è in ammnistrazione controllata come se fosse una società di capitale, e ha 70 milioni di debiti. Pochi giorni fa la Guardia di finanza ha arrestato per bancarotta fraudolenta il patron del gruppo Securpol, l'imprenditore Angelio Menghini, un altro "principe" della vigilanza. E sempre a maggio il Consiglio di Stato ha fatto ripiombare i sospetti di infiltrazioni mafiose sulla Sipro di Salvatore Di Gangi. L'elenco dei casi nell'ombra è fitto. Le divise al lavoro non sono poche. Nel 2008 la polizia amministrativa deal dirigente Edoardo Calabria ha rinnovato 8.248 di decreti di nomina a guardia particolare giurata, e ne ha emessi 1.327 di nuova nomina. Alla base della maggior parte dei movimenti c'è l'obiettivo di uscire dal gorgo della crisi evitando costi e tasse, cercando per esempio di non non pagare contributi ed erario cambiando identità. Un caso da manuale lo fa un operatore del settore dell'investigazione privata, che sceglie l'anonimato, che per anni ha preparato le carte giuste per questo slalom tra le norme. «Quando si partecipa a una gara di appalto - spiega - per legge la società X deve essere in regola con pagamento dei contributi. Se però io fondo la società Y che acquista il ramo d'azienda della X, ovvero la licenza a esercitare la vigilanza privata, allora ho creato un best company, una ditta nuova di zecca che ha debiti da saldare». Del Vicario va giù duro: «Tra i titolari di licenze si rinvengono, accanto a onesti imprenditori, pregiudicati, teste di legno, referenti di criminali e affaristi senza scrupoli, mentre il ministero dell'Interno e i prefetti fingono spesso di non vedere».