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Recuperati in Grecia affreschi bizantini in casa di un trafficante

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a.C.,e una «testina egizia» raffigurante un sacerdote d'epoca Tolemaica insieme a un'epigrafe sepolcrale d'epoca romana, entrambi reperti di inestimabile valore storico, frutto di scavi clandestini nelle aree di Mentana e della Nomentana antica. Sono i due principali «bottini» delle rispettive operazioni «Feno» e «Iside» condotte dai carabinieri del nucleo Tutela Patrimonio culturale a Roma e presentati ieri nella sede di via Anicia dal comandante Raffaele Mancino, dal direttore generale per l'archeologia Stefano De Caro, dal soprintendente archeologico Angelo Bottini e dalla soprintendente ai beni archeologici del Lazio Marina Sapelli Ragni. Tra le curiosità rivelate, le indagini dell'operazione «Feno», avviate a seguito del clamoroso furto nel 2006 perpetrato ai danni di un noto architetto romano, sedato all'epoca assieme ai familiari con barbiturici, e che si è conclusa con la denuncia di nove persone per ricettazione, hanno portato all'individuazione di un laboratorio di falsificazione di reperti archeologici da commercializzare. Qui agiva A.F., un cinquantenne che viveva di questi espedienti: «Nel suo sottoscala aveva allestito un laboratorio - racconta Mancino - vi abbiamo trovato gli strumenti per la realizzazione di falsi. Calchi per riproduzioni oltre ad additivi chimici per l'antichizzazione del pezzo». Nel quadro delle indagini «di servizio» Macino ha anche illustrato l'operazione «Grotta delle Formelle» che ha portato al recupero di due affreschi bizantini «strappati» dalla Grotta delle Formelle nell'antica Cales, presso Caserta, del valore commerciale di mezzo milione di euro, e sequestrati in Grecia dalla polizia locale in collaborazione con i carabinieri nella casa della sorella del trafficante Christo Michailidis, l'operazione «Pheonix» con un patrimonio di 251 reperti italici del valore di due milioni di euro, provenienti da scavi clandestini negli anni '80, tra l'Etruria meridionale, Campania, Puglia e Calabria, inseriti nel mercato nero dal noto trafficante Giacomo Medici e restituiti «spontaneamente» da due trafficanti svizzeri di origini libanesi, insieme a un'anfora attica a figure nere del VI sec. a.C. rubata dal Museo Salinas di Palermo quindici anni fa, del valore di 300 mila euro, e restituita da un antiquario svizzero.

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