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Sopravvissuti con la paura di perdere tutto

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In fila, silenziosi e rispettosi, attendono il loro turno per addentrarsi tra le macerie della loro casa, guidati dai Vigili del Fuoco della caserma Ostiense, e recuperare il necessario per sopravvivere, finchè gli appartamenti non saranno di nuovo dichiarati agibili. Sono dieci le famiglie, 28 persone, residenti nella scala A della palazzina distrutta dall'esplosione di domenica, che di certo nei prossimi giorni non potranno rientrare a casa, ma sono almeno 80 i nuclei coinvolti in questo dramma: c'è chi viveva nelle abitazioni della scala affianco che si è ritrovato la casa pesantemente danneggiata, e chi abitava addirittura nei condomini adiacenti per ora comunque privi di allacci del gas. «Abbiamo dormito ben poco questa notte, ma siamo vivi e questo è l'importante», fuma una sigaretta dopo l'altra, le mani che le tremano ancora mentre racconta le sue ultime ore, la giovane mamma Micaela, residente proprio al secondo piano della palazzina distrutta, sopra quello dove è avvenuta la deflagrazione. Casco in testa e un paio di valigie da riempire è pronta a salire a casa e raccogliere vestiti, documenti e soprattutto qualche giocattolo per il suo bimbo di tre anni. «Il mio appartamento incredibilmente è intero – dice – perché sembra che la deflagrazione sia stata più orizzontale. So che non potremo comunque rientrarci per un bel po'. La paura più grande è che ci possano essere dei crolli, allora perderemmo tutto». «I mobili sono integri, ma le finestre e persino le inferiate sono state divelte – aggiunge Federica T., residente invece in un'abitazione della scala B, quella in cui ha perso la vita Luisa, decapitata nel suo letto dal cedimento di un muro – La prima cosa da fare appena entrati, sarà quella di svuotare il frigo, come ci consigliano i pompieri. Ieri (domenica ndr) ho preso portafoglio e una giacca, ma non ho avuto il coraggio di entrare di nuovo. Sembriamo dei terremotati, dei profughi. Ora voglio prendere un po' di vestiti, il cellulare, qualcosa che mi faccia sentire a casa. È terribile non sapere se e quando potremo tornarci». Il giorno dopo la tragedia, il cortile interno del civico 373 di via Maestrini sembra un campo di battaglia con schegge, pentole, detriti sparsi su una superficie di almeno trecento metri. «Se fosse stato un giorno lavorativo, i bambini sarebbero stati in cortile a giocare, pronti per andare a scuola», è l'immagine di una tragedia scampata a cui nessuno riesce a non pensare.

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