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Case della Difesa, rischio sfratto per 1.800 famiglie «senza titolo»

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GiuseppeGrifeo Si complica il processo per la vendita degli alloggi della Difesa e i cosiddetti «sine titulo», che a Roma contano circa 1.800 famiglie, rischiano sfratti immediati. Sono in prevalenza nuclei familiari di militari, vedove di militari, vedovi, pensionati che hanno continuato ad abitare le case della Difesa oltre il termine di servizio, ma pagando regolare affitto. Una bozza di delibera dello Stato Maggiore della Difesa, attualmente in esame, ipotizza il regolamento da seguire per la vendita degli immobili alienabili (oltre 3.770 in Italia): fra questi le case dei sine titulo. Lo schema fissa anche la ristrutturazione del patrimonio rimasto grazie ai proventi del venduto. Peccato che nei prossimi giorni il progetto sarà bocciato ufficialmente dal Cocer, il sindacato dei militari. Il nuovo quadro della situazione è venuto fuori durante l'assemblea organizzata nel teatro della Parrocchia di San Giuseppe da Copertino, alla Cecchignola, da Sergio Boncioli presidente di CasaDiritto, associazione dei residenti degli alloggi militari. Fra gli intervenuti, il maresciallo Roberto Congedi del Cocer, l'avvocato Nicola Ciconte e Antonella Manotti, direttore responsabile del «Nuovo Giornale dei Militari». «Il Sine Titulo non esiste – esordisce Congedi – Questi utenti sono stati etichettati come abusivi nonostante la legge ne disciplini il rapporto con lo Stato». Il riferimento è a dieci anni fa con la nascita di due leggi, la 537 e la successiva 724 che stabiliscono i parametri di reddito degli utenti per stare in quelle case, personale in quiescenza, vedove, canoni d'affitto. «Anche il Cocer riconosce che gli abusivi non esistono – dice Boncioli – Al sottosegretario alla Difesa Crosetto, competente per il patrimonio immobiliare militare, chiedo ancora di più oggi di tutelare le famiglie a basso reddito e di avere maggior coraggio nella definizione del programma di vendite». Il problema nella bozza di delibera sugli immobili della Difesa, sta nella mancata definizione della lista di appartamenti da vendere, demandata a un secondo momento. E «appena valida la delibera - spiega Congedi - scadrà la proroga degli sfratti».

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