«Vidi la bomba cadere» Adesso non fa più paura
«Questabomba io l'ho vista cadere; nella primavera del 1943 ne caddero due nel mio quartiere, una esplose l'altra no, non avrei mai immaginato che a distanza di tanto tempo qualcuno la ritrovasse». Ha fatto un tuffo nel passato Giuseppe Zaganelli, classe 1924, ieri mattina «esiliato» per poche ore dalla sua casa a Tor Tre Teste nella caserma XI Battaglione Trasporti di via Casilina, evacuato insieme ad altri 6000 residenti per consentire la messa in sicurezza della bomba d'aereo, forse datata 1943, trovata il 24 febbraio scorso in un cantiere vicino all'ospedale Casilino, il primo evacuato in Italia per una bomba. L'ordigno, un cagnaccio che avrebbe potuto mordere ancora, con i suoi 250 chili di tritolo, è stato poi trasferito in una cava sull'Ardeatina vicino a Ciampino, e fatto esplodere dagli artificieri del VI reggimento Genio Pionieri dell'Esercito. Ma prima di renderlo innocuo non è stato un affare da poco. Il maresciallo Michele Olmetto, artificiere dell'Esercito, ha dovuto lavorare un'ora e un quarto per despolettare la bomba, nello stesso luogo del ritrovamento. «È stata un'operazione difficile» ha confermato Olmetto che ha spiegato che «ad allungare i tempi è stata la spoletta anteriore, a causa del danneggiamento esterno dell'ordigno provocato dall'escavatore». Ci sono invece voluti solo pochi minuti per rimuovere la spoletta posteriore, entrambe svitate a mano. Alla fine, però, «l'operazione è andata bene», ha aggiunto il colonnello dell'Esercito Eugenio Martis. «Ora la bomba è sicura, ci si può anche dormire sopra, ma quello che sarebbe potuto succedere se non fosse andata così preferiamo non dirlo» ha scherzato Martis. Spolette e ordigno, separate le une dall'altro, sono state poi caricate a bordo di due differenti automezzi dell'Esercito, e trasportate in cava di circa 40 metri, in via Fioranello, in zona Ardeatina. «Qui - aveva spiegato Martis - l'ordigno sarà nuovamente innescato per farlo brillare. Insieme alla bomba saranno fatte esplodere anche le due spolette rimosse». E così è stato. La bomba è stata portata nella cava profonda 40 metri, dove è stata interrata in una buca di 5. Ma prima di esplodere, alle 14.50, è stata reinnescata con 10 chili di esplosivo, posizionato dagli artificieri intorno all'involucro già despolettato. Una volta accesa, la miccia, ha innescato l'esplosione che ha provocato un sordo boato e una nuvola di terra nera. Erano presenti anche i carabinieri della compagnia Casilino, i vigili del fuoco e la Croce Rossa. L'ultimo paziente, al policlinico Casilino, presente il governatore del Lazio Piero Marrazzo, era stato evacuato alle 8.30. Evacuato anche il personale dell'ospedale rimasto in parte a disposizione della postazione medica avanzata allestita dalla Protezione Civile all'interno della Caserma XI Battaglione Trasporti di via Casilina. Megafoni alla mano, l'evacuazione era proseguita con l'allontanamento dei 6000 residenti della zona. Con l'esplosione è tornata anche la normalità nel piccolo quartiere che aveva tenuto nascosto la bomba. Il ritorno a casa è cominciato all'ora di pranzo mentre il policlinico Casilino «ha ripreso a funzionare normalmente alle 17», ha detto il manager della Asl RmB Antonio D'Urso.