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Nel Lazio l'album delle figuracce del centrodestra

Daniele Di Mario
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Chiediamo scusa per l'ingenuità della domanda ai leader del centrodestra. Ma è mai possibile che nel Lazio in una coalizione accreditata del 39% dai sondaggi, non esista un Attilio Fontana qualsiasi da candidare alla Regione? In Lombardia Berlusconi, Salvini e Meloni hanno impiegato dieci minuti a convergere sull'esponente leghista dopo il ritiro di Maroni. Nel Lazio si discute da mesi. Sergio Pirozzi ha finito per dividere il fronte, d'accordo. L'impressione però è che dietro tutto ciò ci sia dell'altro. Che il Lazio rappresenti quel che rappresentava l'Italia per gl'imperi dell'Ancien Regime: un terreno su cui regolare rapporti di forza. È già accaduto con le elezioni comunali di Roma di due anni fa. Sta riaccadendo oggi, come se quella lezione non sia stata appresa. Come due anni fa si sfoglia l'album delle figurine dei papabili candidati. Allora era Marchini il civico; oggi Pirozzi. C'era Bertolaso, oggi spunta Parisi. Il gesto di generosità della Meloni oggi fa il paio con quello di Rampelli o Gasparri. E ancora giornalisti, imprenditori, vip. Nel Lazio e a Roma troppo spesso il centrodestra s'è suicidato, gettando alle ortiche vittorie alla portata. Potrebbe essere così anche stavolta, con Zingaretti che ha costruito attorno a sé un'onesta coalizione di sinistra, in barba a Renzi. Nulla di trascendentale, ma comunque sufficiente per essere competitivo, nonostante un Pd nazionale a pezzi. Ora, torniamo al punto. C'è un Attilio Fontana qualsiasi in grado di mettere in campo una proposta di governo seria e unitaria? Per saperlo, bisognerebbe chiedersi quale sia il livello della classe dirigente del centrodestra. Ma forse il punto è proprio questo.

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