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E Zingaretti si scoprì renziano

Le strategie del Partito democratico

Daniele Di Mario
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In molti in passato l'aveva additato più d'una volta come anti-Renzi, come l'uomo in grado di guidare la riscossa ex Ds e portare i (post)comunisti a rimpossessarsi di quella Ditta finita in mani rottamatorie. Nicola Zingaretti non ha mai esplicitamente preso le distanze da un progetto - la scalata al Pd - che tuttavia, come provebialmente suggerisce da sempre il suo carattere, è finito col diventare la missione del giorno dopo. Così, tra una voce di comodo trasloco in Senato e un'altra di ricandidatura alla Regione, alla fine il Partito democratico ha sciolto ogni riserva, annunciando che il prossimo candidato presidente del Lazio sarà ancora Nicola Zingaretti. Il Pd l'ha fatto nel luogo deputato naturalmente a prendere tale decisione: la direzione del partito regionale, lo stesso luogo in cui cinque anni fa - era segretario Enrico Gasbarra - maturò la decisione di candidare Zingaretti con l'obiettivo di riprendere una Regione sconvolta dal caso-Fiorito. Solo che, rispetto a cinque anni fa, sono profondamente cambiate le condizioni politiche. Italia Bene Comune - la coalizione Sel-Pd-Centro Democratico - ha dimostrato tutta la sua insufficienza. Il Pd anche non è più lo stesso con la caduta di Bersani e l'ascesa di Renzi. Logico che la coalizione di centrosinistra andrà riveduta e corretta. L'approvazione della legge elettorale nazionale ripropone il concetto di alleanza, cancellato invece dall'Italicum. Il Rosatellum bis rimette in moto il cantiere della politica e ieri Zingaretti ha tracciato la rotta: all'asse Insieme (gli ex Sel di Pisapia)-Pd dovrà aggiungersi l'apporto dei moderati e di quel civismo che è costato ai Dem una sonora sconfitta elettorale alle ultime elezioni amministrative. Zingaretti, accettando la ricandidatura decisa dal Pd, ha parlato di necessità di allargare l'attuale maggioranza, con l'apporto di quei moderati che cinque anni fa non hanno votato per lui. Logico pensare ad Ap, cioè ad Angelino Alfano e Beatrice Lorenzin. Nel Lazio si profila una coalizione modello Sicilia (Pisapia-Renzi-Alfano) e coerente con quello che sarà lo scenario nazionale. Magari con qualche variante: una lista di sinistra con dentro Insieme, le esperienze civiche di Celli e Quadrana, Verdi e socialisti e una più moderata. Tre, massimo quattro liste, con meno simboli di partito possibile. Zingaretti in questi giorni ha chiamato molti sindaci civici per chiedergli la disponibilità a candidarsi. Nel giro di pochi mesi, Zingaretti è passato così dalla linea della continuità con l'attuale esperienza di governo alla necessità di coinvolgere nuove forze politiche nell'architettura del centrosinistra. Un passaggio, questo, che lo obbligherà a riscrivere programmi e agenda di governo. Metamofrosi dell'anti-Renzi che per motivi di contingenza politica (e rapporti di forza nel Pd) cambia schema. Magari suo malgrado

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