Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Piazza M5s, il flirt con Conte terremota il Pd: gelo al Nazareno con i riformisti

Edoardo Sirignano
  • a
  • a
  • a

La piazza del 5 aprile un obiettivo lo ha già raggiunto: ricompattare il "centro", a discapito dell’unità del Partito Democratico. La partecipazione del capogruppo a Palazzo Madama Francesco Boccia è un vero e proprio boomerang per il Nazareno. Non solo mette in rilievo l’assenza della segretaria Schlein, la quale non poteva condannare esplicitamente la linea pro-armi di mezzo partito, ma soprattutto ricompatta quel fronte moderato che non intende sottostare ai diktat di Conte e Fratoianni.

Non a caso tra le prime a smarcarsi dalla manifestazione capitolina è Pina Picierno, ovvero quella vicepresidente del Parlamento Europeo che, nei giorni scorsi, ha sfidato apertamente il capo-delegazione a Bruxelles e fedelissimo di Elly Nicola Zingaretti. «Il piano di riarmo - ribadisce è la scelta giusta che va nella giusta direzione». Condanna, dunque, a chiare lettere la linea pacifista di Conte: «Nel mondo che stanno disegnando le autarchie, i regimi e la destra americana, il principio della forza è tutto. Piaccia o meno, è la realtà che abbiamo di fronte».

 

Non proferiscono parola, invece, gli altri big moderati, ma è chiaro come, a quelle latitudini, esista più di un semplice “gelo”. Fonti interne al partito riferiscono di diverse telefonate effettuate dall’ex ministro Graziano Delrio e da Lorenzo Guerini, storico leader di Base Riformista, per criticare la scelta del presidente dei senatori di scendere in strada.

A bocciare l’evento stavolta non ci sono soltanto i soliti Bonaccini, Alfieri e Malpezzi, ma anche diversi grandi sostenitori della segretaria, stanchi di sottostare alle strategie del duo Bettini-Boccia. Qualcuno dice che ad alimentare il malcontento ci sia addirittura Dario Franceschini, che vorrebbe sfruttare i dinieghi al corteo della sinistra per smarcarsi da quella segretaria, oggi sempre più “debole” e soprattutto non “obbediente” come un tempo.

 

Non è da escludere, pertanto, che la chiamata alla pace di Conte sia innanzitutto una medicina per un centro, fino a ieri spacchettato. Una cosa è certa, il "no" alla grande adunata dal 5 aprile, mette insieme finanche quei Renzi e Calenda, che se ne sono dette di cotte e di crude, tanto da far saltare il famoso campo largo. Il leader di Italia Viva, sin dal principio, annuncia la sua contrarietà al «peace and love» pentastellato: «È una posizione che non condivido. Così non si risolvono i problemi».

Sulla medesima posizione il numero uno di Azione, che prima della kermesse, avverte i dirigenti del Nazareno rispetto ai pericoli nello sposare l’iniziativa voluta dall’ex premier: «Gli elettori del Partito Democratico – scrive sulla sua pagina social- hanno le idee abbastanza chiare. Il Movimento 5 Stelle è convintamente filo Putin, anche grazie alla propaganda di Conte, Travaglio e co. La piazza di oggi è fatta da coloro che sostengono le ragioni di Putin. Fine. Non ha, dunque, alcun senso la presenza del Pd».

Dai blog