
Antonio Tajani: "I volenterosi? Italia protagonista. Sicurezza con l'alleato americano"

Dalla rivoluzione copernicana per porre fine allo scandalo dei passaporti («diventare cittadino italiano è una cosa seria») alla crisi ucraina («non possiamo rinunciare a gestire la sicurezza dell’Europa insieme all’alleato americano») fino al modello Albania («i centri sono stati colti a livello internazionale come un segnale politico»), il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, affronta tutti i temi caldi del momento.
Ministro, perché siete intervenuti sullo ius sanguinis, cosa cambia riguardo alle concessioni della cittadinanza?
«Voglio fare una premessa: diventare cittadino italiano è una cosa seria. Ottenere un passaporto italiano non può essere frutto di un "commercio", di una compravendita. Ecco perché questa riforma. Non abbiamo voluto cancellare lo "ius sanguinis": vogliamo limitare abusi e assurdità che il vecchio regime permetteva. Le nuove nome approvate puntano soprattutto a limitare i casi di vere e proprie truffe, servono a tutelare coloro che vogliono essere cittadini italiani per davvero, non solo per avere un passaporto o per godere del Servizio sanitario nazionale. Serviranno a proteggere i veri cittadini italiani all’estero che in questo modo possono usufruire normalmente dei consolati. Servono a difendere inoltre i tantissimi Comuni italiani che sono oberati di lavoro per la ricostruzione della cittadinanza. Le nuove nome serviranno ad alleggerire il lavoro dei tribunali ingolfati dai ricorsi dei richiedenti, e permetteranno ai magistrati di liberarsi da queste incombenze artefatte per lavorare ad una giustizia più veloce».
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«Si, e quindi le nuove norme libereranno risorse per rendere i servizi consolari più efficienti. Gli uffici si potranno dedicare in via esclusiva ai cittadini italiani all’estero che abbiano reali necessità, in virtù dei loro concreti legami con l’Italia. Sono previste due fasi: alcune norme entrano in vigore subito con il decreto-legge e, successivamente avremo una riforma organica dei requisiti sostanziali e delle procedure in materia di cittadinanza».
Il decreto-legge approvato oggi prevede che gli italo-discendenti nati all’estero saranno automaticamente cittadini solo per due generazioni: solo chi ha almeno un genitore o un nonno nato in Italia sarà cittadino dalla nascita.
«Dopo le norme approvate ieri con decreto, con un primo disegno di legge (approvato sempre ieri) avremo modifiche più approfondite alla legge sulla cittadinanza. Si impone innanzitutto ai cittadini nati e residenti all’estero di mantenere nel tempo legami reali con il nostro Paese, esercitando i diritti e i doveri del cittadino almeno una volta ogni venticinque anni. Significa che devono venire in Italia, oppure votare, oppure chiedere servizi consolari che confermino il fatto che sono italiani e non finto-italiani. La riforma poi avrà un secondo disegno di legge che rivedrà anche le procedure per il riconoscimento della cittadinanza. I residenti all’estero non si rivolgeranno più ai consolati, ma ad un ufficio speciale centralizzato alla Farnesina a Roma. Ci sarà un periodo transitorio di un anno circa per l’organizzazione dell’ufficio. L’intento è rendere più efficienti le procedure, con economie di scala evidenti. I consolati dovranno concentrarsi sull’erogazione dei servizi a chi è già cittadino e non più a "creare" nuovi cittadini».

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Lei Ministro, sin dall’inizio lei ha creato una task force per scoprire abusi sulla concessione di passaporti e visti. Il Tempo si è occupato dei casi del Venezuela, del Bangladesh e del Pakistan. Cosa avete trovato in queste ambasciate e consolati e quali sono gli altri Paesi dove siete intervenuti?
«Il Ministero degli Affari Esteri sta da tempo collaborando con gli organi investigativi al fine di far luce su alcune attività corruttive e di illeciti nel rilascio di visti. Ho voluto rafforzare l’attività ispettiva della Farnesina con Carabinieri e Finanza, un’azione che sta fornendo un contributo decisivo per individuare alcune realtà criminali presenti in Italia che lucrano sulla concessione dei visti relativi al "decreto flussi", ma anche sull’ottenimento di falsi visti turistici. Negli ultimi 2 anni abbiano effettuato complessivamente 136 visite ispettive presso le Rappresentanze diplomatico-consolari all’estero (67 nel 2023 e 69 nel 2024). Oltre alle ispezioni generali per verificare tutti i settori di attività delle Sedi all’estero, abbiamo fatto ispezioni mirate a verificare singoli settori suscettibili di particolare problematicità o a seguito di puntuali segnalazioni in materia consolare (in particolare visti e cittadinanza)».
Il Cdm ha approvato anche il decreto Albania. I centri di Shengjin e Gjader ora potranno iniziare a funzionare dopo i ripetuti stop dei giudici italiani?
«Io credo che supereremo ogni ostacolo, adottando una modalità che permetterà ai centri di funzionare e di lanciare un messaggio che è sempre uno solo: le migrazioni non possono essere delegate al lavoro dei trafficanti che guidano il flusso dei disperati che fuggono in cerca di una vita migliore.
L’Italia vuole accogliere migranti regolari. Bisogna consolidare un sistema che faccia rispettare la legge».
I «Paesi sicuri» resteranno quelli già indicati dalla Farnesina o interverrete anche in questo campo?
«In Consiglio dei ministri abbiamo approvato la relazione sui Paesi di origine sicuri e rispetto al 2024, non ci sono cambiamenti o variazioni. I Paesi in questione sono: Albania. Algeria, Bangladesh, Bosnia Erzegovina, Capo Verde, Costa d'Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia».

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In Europa si sta creando un consenso sul «modello Italia» riguardo al contrasto delle migrazioni illegali?
«Guardi, anche se i centri in Albania non sono ancora pienamente in funzione, anche se da mesi ci sono polemiche con forza politiche italiane e con la stessa magistratura, i centri sono stati colti a livello internazionale come un segnale politico: l’Italia ha deciso che può essere fatto qualcosa per non rimanere fermi a guardare».
La premier Meloni, sul Financial Times, ha criticato l’approccio di Macron, giudicando «infantile» non cercare un dialogo tra Europa e America. La Ue sta davvero prendendo le distanze dall’amministrazione Trump?
«No, la premier non ha criticato Macron: ha obiettato ad alcuni politici italiani, ad alcuni osservatori, che non si può trascurare in nessun modo il rapporto con gli Stati Uniti. L’Europa si deve rafforzare, unire e rendere sempre più capace di agire nel settore della sicurezza. Ma non possiamo rinunciare la gestire la sicurezza del continente insieme all’alleato americano».
Con un avvallo Onu, l’Italia è pronta a mandare truppe in Ucraina?
«Al momento non possiamo prevedere alcuna partecipazione nazionale a una eventuale forza militare sul terreno in Ucraina. Se si deciderà l’invio di una forza di pace Onu potremmo valutare una nostra partecipazione, ma al momento tutto questo è prematuro.
L'Italia in ogni caso sarà protagonista nell’ambito dei volenterosi, anche con le sue proposte, come quella di valutare l’utilizzo dell’articolo 5 della Nato a sostegno di Kiev, pur senza l'adesione dell'Ucraina all’Alleanza».
Lei crede che Vladimir Putin stia bluffando?
«Vladimir Putin fa il suo gioco. Al momento non sembra voler rinunciare a nulla pur di ottenere i suoi obiettivi. Con i partner G7 noi abbiamo ribadito il nostro incrollabile sostegno all’Ucraina nella difesa della sua integrità territoriale e del suo diritto ad esistere, nonché della sua libertà, sovranità e indipendenza. Noi appoggiamo con forza l’impegno che gli Usa hanno messo per raggiungere un cessate il fuoco, passo essenziale verso una pace globale, giusta e duratura in linea con la Carta delle Nazioni Unite. Ma qualsiasi cessate il fuoco deve essere rispettato, e sono necessari accordi di sicurezza solidi e credibili per garantire che l’Ucraina possa difendersi da eventuali nuovi atti di aggressione. Per parte nostra, continueranno a coordinare il sostegno economico e umanitario per promuovere la rapida ripresa e la ricostruzione dell’Ucraina, anche in occasione della Conferenza sulla ripresa dell’Ucraina che si terrà a Roma il 10-11 luglio 2025».
Il 2 aprile partiranno i nuovi dazi americani. La risposta della Ue la convince? O sono ancora possibili negoziati?
«Una guerra dei dazi non serve a nessuno. Negoziare con gli Usa, con forza ma senza isteria, è un obbligo. Anche la settimana scorsa ho avuto un incontro con il Commissario europeo con delega al Commercio Maros Sefcovic, nel corso del quale ho ribadito la priorità di uno stretto coordinamento a livello europeo, mantenendo aperto il dialogo con l’Amministrazione statunitense per arrivare a soluzioni equilibrate tra le due parti. Un approccio costruttivo e pragmatico è importante. Ma se arriverà il momento, l’Europa ha già pronta la sua reazione, alcuni dazi europei sono stati già decisi. La partita sarà ancora lunga e complicata, noi dobbiamo difenderci e lo faremo – ripeto – senza comportamenti irrazionali».
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