
Prodi prima nega, poi "gesto d'affetto". E le falangi del Pd fanno quadrato

Dopo ben quattro giorni di arcigna difesa, le scuse. Per ironia della sorte, quasi tirate per i capelli. A metà pomeriggio arriva la nota vergata da Romano Prodi: «Il gesto che ho compiuto appartiene ad una mia gestualità familiare. Mi sono reso conto, vedendo le riprese, di aver trasportato quasi meccanicamente quel gesto in un ambito diverso». Poi il passaggio, evidentemente tanto difficile da ammettere: «Ho commesso un errore e di questo mi dispiaccio. Ma è evidente dalle immagini e dall’audio che non ho mai inteso aggredire, né tanto meno intimidire la giornalista». E dire che qualche ora prima, a Bruxelles, il Professore aveva rivendicato fieramente: «Non c’è proprio niente da chiarire. Se si vuole creare un incidente nei confronti di un vecchio professore, lo si faccia pure e io gioisco». Con tanto di lezioncina finale: «Si scambia l’affetto con l’aggressione».

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A togliergli gli ultimi alibi, il video trasmesso da diMartedì su La7. La scena è sempre quella di sabato scorso, all’Auditorium di Roma: l’inviata di Quarta Repubblica legge a Prodi un passaggio del manifesto di Ventotene, lui perde subito la pazienza, le si avvicina, le mette una mano sulla spalla e le tira una ciocca di capelli. Niente affetto, solo un evidente stato collerico. «Ma che cavolo mi chiede, ce l’ha o no il senso della storia?», sbotta. L’ex presidente del consiglio ieri era arrivato a Bruxelles per trovare un po’ di conforto, e per tornare a volare "alto" incontrando la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola. Di prima mattina il saluto con la delegazione italiana del Pd al gran completo, nella foto di gruppo si scorgono Nicola Zingaretti, Pina Picierno, Giorgio Gori, Sandro Ruotolo. Da quel momento parte la nuova ondata di solidarietà al padre nobile, nella versione pre scuse: «Noi stiamo con Romano Prodi», scrive ad esempio sui social l’ex sindaco di Bergamo.

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Si schierano anche le donne, in molti casi le stesse che nel recente passato erano ricorse spesso all’accusa di "patriarcato", scagliata un po’ indistintamente. E che se ne dimenticano per il siparietto del fondatore dell’Ulivo. Martedì l’unica a commentare (e ad assolvere) Prodi è stata l’ex capogruppo Debora Serracchiani. Ieri si sono mosse Simona Malpezzi e la vice presidente del Parlamento Europeo Pina Picierno. Senza esprimersi sull’alterco del professore ma conferendogli una sorta di premio alla carriera.
Entra nel merito invece il deputato dem Nico Stump, ex art.1: «L’ho vista come la carezza di un nonno verso una giovane che forse avrebbe avuto bisogno di rileggere un po’ la storia. Non penso che avesse in mente un atto sessista». Seguito dal deputato bolognese Andrea De Maria: «Gli attacchi della destra sono inaccettabili e strumentali». Ed anche il riformista Alessandro Alfieri: «La destra lo sta attaccando in maniera strumentale». Un coro rotto dall’ex presidente della Camera Laura Boldrini: «Secondo me Prodi ha sbagliato». E dalla deputata milanese Lia Quartapelle: «Un gesto inopportuno. Sono certa che il presidente troverà il modo di chiarire con la giornalista per chiudere il caso».

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Come poi è avvenuto. E con un Pier Luigi Bersani definitivo: «Ha fatto un gesto da nonno, ma la giornalista non è sua nipote e certamente c’è stato qualcosa di indelicato e sbagliato». A censurare il comportamento di Prodi anche Suor Anna Monia Alfieri, Cavaliere al Merito: «Questi atteggiamenti, uniti alle forme spesso violente del dibattito politico, vanificano tutti gli sforzi educativi delle realtà positive che animano la nostra società». Ora con il passo indietro del fondatore dell’Ulivo, da Enrico Letta (suo l’hashtag io sto con Romano) in giù ci sarà un’ondata di scuse di esponenti dem ed editorialisti amici (come Massimo Giannini), che avevano difeso acriticamente il Professore? Negando l’evidenza di un gesto, oltre che la plateale scortesia nei confronti di una giornalista che aveva posto una domanda di attualità? E dove precisamente il dem Stumpo aveva intravisto nel comportamento di Prodi «la carezza del nonno»? Dopo quattro giorni arrivano le scuse, giusto mentre il Pd stava aggiornando il suo vocabolario. Tirare i capelli? Non è patriarcato, se a farlo è il fondatore dell’Ulivo. O forse no.
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