
Scaraffia: «Paternalismo irritante di Prodi. Ma le compagne non s'indignano»

L'attivista: «A sinistra logica dei due pesi e delle due misure»
«È il gesto di un uomo antico che non sa che certe cose non si fanno più. Prodi si è comportato con un paternalismo irritante nei confronti di una giovane lavoratrice che meritava rispetto». A dirlo Lucetta Scaraffia, storica e giornalista.
Come doveva reagire l’ex premier alla domanda ritenuta scomoda?
«Poteva tranquillamente dire "non rispondo". Non c’era bisogno di dileggiare una professionista. Quel gesto di tirare i capelli, come per dire sei un’asina, non lo avrebbe mai fatto con un cronista maschio. Se quest’episodio fosse accaduto a destra probabilmente avremmo già visto tutte le femministe in piazza».
Non la sorprende il loro silenzio?
«In questi ultimi anni, hanno abbandonato quell’universalità che ha sempre caratterizzato il movimento. In passato si difendevano tutte le donne, senza badare troppo al colore, all’etnia, alla classe sociale, alla ricchezza o alla povertà. Adesso, invece, prevalgono altri criteri».
Condivide, ad esempio, l’atteggiamento avuto dalla segretaria Schlein, che non ha speso una parola sull’accaduto?
«Nel suo caso, non spendere parola è dovuto a un’opportunità. Prodi è un suo avversario all’interno del Pd e quindi forse alla prima inquilina del Nazareno conviene non proferire parola».
Le compagne del Pd, però, negli ultimi mesi, si sono indignate per molto meno…
«La verità è che a sinistra prevale la logica dei due pesi e delle due misure. Quello che si applica ai compagni di partito è diverso da quanto si fa con tutti gli altri».
Le pari opportunità, quindi, rappresentano per alcune una priorità solo l’8 marzo?
«Non sono d’accordo. Le scarpette rosse, le battaglie contro i femminicidi e il patriarcato si fanno ancora. Il problema, però, è che vengono fatte solo per le quote rosa meritevoli. Non si difendono, invece, "tutte" contro i soprusi, ma soltanto una parte. Se a commetterli sono uomini della forza che si sostiene, meglio chiudere un occhio».
Ritornando a Prodi, un repentino messaggio di scuse bastava a chiudere la vicenda. Perché non c'è stato?
«Penso che l’ex premier sia stato mal consigliato sin dal principio. Non doveva negare. È normale che, poi, quando è stato preso in contropiede dal filmato, che dimostra che realmente sono stati tirati i capelli alla cronista, non se l’è sentita più di mentire. Sarebbe stato un gesto ancora più sgradevole».
Non esiste, pertanto, la possibilità che faccia ancora un passo indietro?
«Ormai non lo farà più anche perché ha avuto il sostegno di persone insospettabili come Letta e Giannini. Se chiedesse scusa dimostrerebbe che tutti i personaggi che l’hanno difeso sono degli scemi».
Questi profili pubblici, però, non avrebbero dovuto chiamarlo e chiedere spiegazioni sul fatto prima di emettere giudizi?
«Dovevano informarsi, ma non l’hanno fatto. Anche difendere a prescindere è un maschilismo. Si pretende, invece, di commentare i fatti senza neanche saperli solo perché si vuole proteggere l’amico o l’alleato politico di turno».
Tutta questa vicenda, intanto, può insegnarci qualcosa?
«Una parte politica deve maturare e ricostruire quella tela di universalismo, ormai venuta meno e vera ragione d’essere del femminismo».
In passato le madri o le lavoratrici si difendevano a prescindere, anche se bisognava andare oltre le bandiere?
«Donne di sinistra e democristiane si sono sempre sedute allo stesso tavolo quando bisognava risolvere un problema per dei diritti venuti meno. È proprio tale aspetto che è venuto a mancare in questo frangente. In tal senso, bisogna certamente rimediare o avere l’umiltà di ammettere che si sta andando in una direzione sbagliata».
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