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Il partito islamico di Monfalcone finisce in tribunale

Souad Sbai vuole bloccare la formazione politica di Bou Konate pronto a presentarsi alle comunali

Giulia Sorrentino
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A Monfalcone nasce un partito di matrice islamica pronto a presentarsi alle prossime elezioni comunali, puntando sulla massiccia presenza alle urne proprio della componente musulmana della cittadinanza. Non parliamo di un’associazione culturale, di un comitato per l’integrazione, ma di un vero e proprio partito politico basato sulla religione islamica. Tutto ciò avviene nel nostro Paese, che affonda le sue radici nella tradizione cattolica. Ora però è ufficiale la presenza di una lista composta interamente da stranieri, che, come guida, avrà l’ex assessore di centrosinistra Bou Konate, senegalese di nascita.

A lanciare l’allarme sulla pericolosità della situazione è Souad Sbai, che con la sua Associazione delle donne marocchine in Italia (Acmid) ha deciso di non restare aguardare e di conferire mandato al loro legale per presentare un esposto alla Procura della Repubblica contro il partito islamico di Monfalcone: «Poligamia, niqab, sharia. La lista va messa subito fuori legge perché promuove obiettivi contrari alla Costituzione. La proliferazione di questi partiti sarebbe un colpo fatale all’esistenza stessa dell’Italia e degli italiani. L’Italia è uno Stato laico, con una separazione tra religione e politica. Pertanto, ogni partito che promuova una visione religiosa deve rispettare le leggi democratiche, comprese quelle relative ai diritti umani, alla libertà di espressione e alla non discriminazione». Il punto è proprio questo: se sono islamici devono seguire certi dettami, che, come ci fa notare la Sbai, sono incompatibili con la nostra cultura: «Per quanto concerne il principio di uguaglianza, la sharia prevede norme che discriminano le donne in vari ambiti, tra cui il diritto di famiglia. Secondo la sharia, infatti, un uomo può avere fino a quattro mogli, e il divorzio può essere più facilmente ottenuto dall'uomo rispetto alla donna, mentre in Italia il matrimonio è monogamo, e le leggi sul divorzio cercano di garantire l’uguaglianza tra i coniugi. Ma questo è solo uno degli aspetti divergenti».

La sharia include gravi punizioni per l’apostasia o l’eresia, vieta la libertà di cambiare religione o di non professarne alcuna: non si tratta di non voler includere, non c’entra nulla la libertà religiosa, ma c’entrano i diritti umani di cui noi siamo dei profondi sostenitori. «L'islamismo radicale limita la libertà di espressione, l’orientamento sessuale e i diritti delle minoranze. In più la sharia prevede pene corporali come la flagellazione o la lapidazione per determinati reati e chi non rispetta la sharia o l’islam è severamente punito». Quindi in Italia, un partito islamico deve adattare i propri principi e attività alle leggi e ai valori costituzionali italiani, evitando proposte discriminatorie o incompatibili con l’ordinamento giuridico nazionale.

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