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Elezioni Regionali, scatta il risiko: Piantedosi apre al rinvio al 2026

Edoardo Sirignano
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In Veneto sarà possibile scegliere il prossimo governatore anche nel 2026. Parola del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Il titolare del Viminale chiarisce come a queste latitudini non bisognerà per forza andare alle urne a ottobre del 2025. «Tutte le Regioni spiega l’esponente del governo, interogato dai cronisti- hanno piena autonomia sulla data del loro voto. Zaia ha ben specificato che nella normativa regionale, frutto dell’autonomia, esiste "finestra" delle elezioni in primavera. Adesso bisogna verificare soltanto l’allineamento di questa norma regionale con la legislazione nazionale».

Un vero e proprio assist, dunque, per il presidente leghista. «Se si rinviasse la tornata - sottolinea l’esponente del Carroccio- sarebbe meglio per un semplice motivo: si andrebbero a risparmiare molti milioni di euro, visto che gli altri enti che voteranno assieme alla Regione, come ad esempio il Comune di Venezia, lo faranno proprio nel 2026, molti mesi dopo le regionali».

 

Allo stesso modo, però, evidenzia come sia in corso un approfondimento giuridico per verificare un’eventuale dicotomia tra legge regionale e nazionale. A protestare, intanto, le opposizioni che se la prendono con Palazzo Chigi. «Prorogare artificialmente una legislatura di sette-otto mesi, senza alcuna base normativa o ragione emergenziale - commenta Andrea Martella, segretario del Pd veneto - è uno schiaffo alla democrazia. È irrispettoso delle istituzioni e dei cittadini. Si vuole riaprire una discussione che dovrebbe essere chiusa da tempo. Le elezioni regionali si tengono ogni cinque anni. Punto. Non lo dice una particolare forza politica, ma la legge. Eppure oggi assistiamo all’ennesimo tentativo di piegare le regole alle convenienze del centrodestra».

A guardare attentamente, però, a quanto annunciato da Piantedosi è soprattutto la sinistra, quella delle Regioni rosse. Il campano Vincenzo De Luca, ad esempio, spera in un rinvio per guadagnare tempo prezioso a ricompattare il centrosinistra ed evitare pericolose divisioni. Il nome del suo assessore Fortini, circolato nelle ultime ore e anticipato proprio su queste colonne, non convince del tutto, a maggior ragione se a sfidarlo potrebbe esserci proprio il titolare del Viminale. Medesime preoccupazioni sono quelle del suo collega toscano Eugenio Giani. A quelle latitudini, il campo largo non esiste, anzi è pura utopia. Ecco perché non sono da escludere sorprese o ribaltoni. L’unico tra i governatori progressisti a volere il voto subito sembra essere il solo Emiliano, il quale sa bene che fino al 2026 il centrodestra avrebbe il tempo di riorganizzarsi e dunque battere il suo pupillo ed eurodeputato Decaro.

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