
Giustizia, la promessa di Sisto: “Separazione delle carriere a ridosso dell'estate. Alla fine faremo sintesi”

«Sulla separazione delle carriere proveremo a chiudere i quattro passaggi parlamentari a ridosso dell’estate. Confidiamo nella condivisione del Parlamento. Questa maggioranza "ad offerta multipla" alla fine ha sempre trovato compattezza e sintesi». A dirlo Francesco Paolo Sisto, viceministro della Giustizia.
Dopo due anni dalla scomparsa di Berlusconi, il sistema giustizia è ancora lento e parziale. Cosa sta succedendo?
«Questo governo si è caricato, con serietà, i problemi della giustizia e cerca di risolverli sia dal punto di vista dell’ordinamento con la riforma costituzionale, sia dal punto di vista dell’efficienza con una serie di interventi a effetto multivitaminico. I tempi di definizione dei procedimenti civili sono diminuiti di circa il 20%, quelli dei processi penali già del 29%, risultati che, in prospettiva Pnrr, fanno ben sperare».
Ciò cosa significa?
«Assunzioni massicce di personale, concorsi di magistratura a ripetizione, investimenti pervicaci sulla digitalizzazione delle procedure, attenzione all’edilizia giudiziaria: siamo di fronte a un esecutivo attento, che prova a rendere il processo più giusto con la riforma sulla separazione delle carriere, a fare il Csm più credibile con l’elezione libera-tutti dei togati mediante sorteggio, a scegliere per i rilievi deontologici dei magistrati il prestigio dell’Alta Corte Disciplinare. Il tutto accompagnato da una serie di provvedimenti ordinari su diritto di difesa, riservatezza, presunzione di non colpevolezza: certo a tutela del cittadino, ma senza minimamente intaccare la correttezza delle indagini».
Questa è una novità?
«Assolutamente sì. Mi sembra che ci sia un dopo Berlusconi che ne abbia rispettato la passione per la tutela delle libertà, anche e soprattutto nella giustizia. Grazie al coraggio e a qualche competenza, alla tenacia risaputa di Forza Italia, alla saggia guida di Antonio Tajani, qualche risultato, di notevole rilevanza, è stato raggiunto. La separazione delle carriere, poi, sarà la riforma delle riforme».

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L’Anm, intanto, è critica di fronte a questi cambiamenti...
«L’Anm è il sindacato dei magistrati. Fa la sua parte, ma non rappresenta tutti. Vi sono tanti giudici che, pur silenti, sono a favore delle riforme.
Questi magistrati hanno vinto la paura di cambiare, una patologia che deriva innanzitutto dalle abitudini e dal timore di perdere determinati privilegi. La Costituzione, però, come disse Meuccio Ruini prima di votare la Costituzione, come statuisce l’art.138, è naturalmente modificabile, con un severo percorso parlamentare, a fronte di evoluzioni della realtà. La gente ci ha votato anche per questo, era tutto nel nostro programma. Ecco perché non intendiamo, non possiamo fermarci. E sia chiaro: la nostra non è una battaglia contro qualcuno, ma per i cittadini».
Qualcuno, però, vi accusa di porre il Pm sotto l’esecutivo?
«Nella riforma è scritto esattamente il contrario. Autonomia e indipendenza restano intaccate e intoccabili: il giudice, però. diventerà più terzo e naturalmente più imparziale, liberato da qualsiasi parentela con il Pm, il "para/giudice" di Giovanni Falcone del 1991».
Mentre, però, voi provate a fare qualcosa, gli errori giudiziari continuano a penalizzare tanti innocenti. Come rimediare?
«Abbiamo 3 gradi di giudizio proprio per questo e nessuno deve mai pensare di metterli in discussione. Il controllo delle decisioni è uno dei cardini per garantire la civiltà del nostro processo».
Perché se questo meccanismo funziona, però, si continua a sbagliare?
«Non sono interessato a punire i giudici, quanto invece determinato a evitare che sbaglino. Come? Con interventi normativi di chiarimento.
Esemplificativamente, sui problemi della custodia cautelare, dove bisognerà effettuare delle approfondite riflessioni, soprattutto sul rischio di reiterazione, criterio troppo ampio. Per evitare errori giudiziari, ripeto, non esiste una isolata terapia salvavita».

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Su temi così delicati bisognerebbe andare oltre gli steccati partitici?
«Già al primo passaggio della riforma costituzionale alcuni partiti dell’opposizione hanno votato insieme a noi, un bel segnale che dà coraggio».
Questo fronte potrà anche allargarsi?
«Ce lo auguriamo. A parte i 5 Stelle, giustizialisti senza speranza di redenzione, mi aspetto che tutti i garantisti, anche quelli del Pd, vadano oltre un’opposizione cieca, che prescinde dai contenuti. Quando si cerca di difendere il cittadino in modo corretto e soprattutto con equilibrio, tutto diventa possibile».
Gli stessi alleati, intanto, dovrebbero essere più incisivi su un tema, dove troppo spesso lo si è solo a parole...
«Siamo una coalizione a offerta multipla, dove ognuno ha delle peculiarità, ma questo non ci impedisce di trovare, sempre, la sintesi. Sui temi principali della giustizia, abbiamo sempre marciato uniti, pur con qualche diversa sensibilità, come nel caso del pianeta-carcere. Ma anche in questo caso, alla fine, prevarrà la mediazione».
Anche nella minoranza qualcuno potrebbe seguire tale modus operandi?
«Sono convinto che alla fine prevarrà la logica del cuore puro e della retta coscienza. Ecco perché andiamo avanti, consapevoli del ruolo gestito nell’esclusivo interesse del cittadino. Il diritto di fare le indagini, ad esempio, non va toccato e non lo faremo in alcuna misura, pur non trascurando diritti e prerogative di ciascuno. Occorrono equilibrio, coraggio e competenza: le doti che Forza Italia, da Silvio Berlusconi ad Antonio Tajani, ha nel suo Dna».

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